PIEDIMONTE MATESE. L‘Ambiente, con la brexit e recovery fund, si impoverisce di prospettiva negli equilibri globali e locali.

In Campania e a Piedimonte Matese ad esempio servirebbero eccome cospicui fondi per la sanità e l’ospedale di primo livello promesso da De Luca e prima da Caldoro.

di Giuseppe Pace

Se gli equilibri globali cambiano, quelli locali non restano immutati. Se la Campania ed il Molise hanno ambienti politici diversi, il Sannio Pentro, che sta lontano dalle coste marine, ne ha un altro ancora. E il Sannio Alifano è una parte ancora differente se non trascuriamo i dettagli reali. Esistono dunque almeno 8 mila ambienti italiani quanti sono i comuni? Si. A volte esistono ambienti diversi nello stesso territorio comunale, se molto esteso- 64,32 kmq- come Alife (CE): Boscarello, Conca d’Oro, Croce dei Pioppi, Defenza, Fontanelle, Fosse, Gervaso, Madonna della Grazia, San Michele, San Simeone, San Vittore, Scafa, Sferracavallo, Torrione, Tre Portelle, Valle Netta, Valle Spagnola, Vadolargo, Varanelle, Vergini, Vernelle, ecc.. Eppure c’è un ambiente globale che coinvolge tutti quelli locali comunali, provinciali e regionali oltre che nazionale. In tempo di pandemia, e di arrivo dei vaccini anticovid19 che lasciano ben sperare per un nuovo anno migliore, un pezzo rilevante dell’Unione Europea, la Gran Bretagna, se ne esce, frenando l’evoluzione sovranazionale dei popoli europei. Perché la brexit se quasi metà degli inglesi non la voleva ad iniziare dai londinesi?  Per rispondere all’interrogativo bisogna ricorrere, tra l’altro, alla lanterna illuminante dell’Ecologia Umana che studia l’ambiente sia locale che globale. Tale scienza- appresa all’Università di Padova consorziata con altre università francesi, svizzere, belghe, portoghesi e spagnole- procede con un’analisi ambientale, ambiente inteso come sistema di natura e cultura, multi, inter e transdisciplinare. L’ambiente economico, sociale e politico dei Pesi dell’Unione Europea, a fatica, aveva trovato un equilibro pacifico d’unità sovranazionale, quando la Gran Bretagna decide, sia pure a stretta maggioranza popolare, di remare contro ed uscirne con la brexit, ratificata definitivamente in questi giorni. L’equilibro raggiunto non era dei migliori e molte cose bisognava ancora fare per giungere all’obiettivo dell’Unione Europea Federale con una sola voce in politica estera, interna, ecc. e non solo, purtroppo, ad una unione bancaria raffinata e poco altro. Ero ad insegnare in Romania il primo gennaio 2007, quando quel Paese entrò a far parte dell’Unione Europea pur restando con la propria moneta, il leo. Dopo millenni di progressi non sono bastati per allentare le tensioni nazionalistiche e religiose nell’ambiente globale ed europeo. L’Europa poi era da 75 anni che non conosceva guerre fratricide, fatta eccezione per quelle nella ex Iugoslavia. Per alcuni aspetti le tensioni globali, più che europee, subiscono periodici incrementi come nell’ultimo lustro per le discriminazioni, i maltrattamenti e le privazioni dei diritti fondamentali sulla base del culto o variante del sacro che è in tutti gli individui della specie Homo sapiens, quasi 8 miliardi. L’Unione Europea si estende su di un territorio di oltre 4 milioni di kmq con una popolazione di 447 milioni di persone, con un Pil pro capite di 14 mila e. e con una moneta unica, l’euro, in 19 Paesi, restano monete tradizionali: corona ceca, danese e svedese, fiorino ungherese, Kruna croata, lev bulgaro e leu romeno. Con la sua tecnologia e cultura l’Unione Europea rappresenta, potenzialmente, la punta di diamante delle democrazie avanzate sia pure con non pochi problemi ancora da risolvere ad iniziare dalla potenza finanziaria dell’euro pesante tedesco a scapito di altre aree o ambienti meno forti economicamente. Tra le superpotenze solo gli Usa rappresentano un modello avanzato economico e civile per il pluripartitismo, la libera stampa, ecc.. Gli altri tre sono ancora molto più poveri con un Pil pro capite molto basso e soprattutto mancanza di garanzie democratiche on prevalenza del monopartito dominante le istanze sociali e la cultura avanzata anche umanistica e non solo tecnologica. Nell’ambiente globale, alcuni dei 196 Paesi hanno visto un lustro bagnato dal sangue delle minoranze etniche e religiose fino a due genocidi, tra cui il massacro della comunità islamica dei Rohingya perpetrato dalle armate del Myanmar nel 2016. Nemmeno l’ondata pandemica di quest’anno, che pure ha congelato gran parte delle attività economiche, è riuscita ad arginare le repressioni: in alcuni casi, la crisi sanitaria è stata persino sfruttata per aumentare la stretta, con la Cina che la scorsa primavera ha raso al suolo diverse chiese cristiane e accelerato la deportazione degli Uiguri, etnia turcofona, verso i campi di rieducazione. Non è più tempo di tacere: Money.it ha deciso di sostenere Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS, fondazione pontificia che realizza oltre 5.300 progetti umanitari e pastorali l’anno in 148 paesi nel mondo. Il recentissimo accordo segreto tra Stato Vaticano e Cina comunista forse sta ad indicare un aspetto del problema. In Kenya ho osservato alcuni di questi progetti onlus disseminati in un ampio territorio laddove c’erano le missioni cattoliche. Lo Stato del Vaticano non rema sempre a favore dell’Unione Europea né del mondo cosiddetto occidentale e fa accordi con la dittatura cinese attuale. Ma per chi conosce la Storia un po’, nulla di nuovo sotto il sole! Sempre la Chiesa dal tempo di Costantino il Grande ha praticato l’arte della politica creando i Guelfi in tutta l’Europa ed anche fuori di essa. Anche Dante che era un guelfo bianco fu punito da Bonifacio VIII mentre era ambasciatore di Firenze a Roma e costretto poi a peregrinare per 20 anni fino a morire a Ravenna e scrisse: “ingrata patria non avrai le mie ossa”. Negli equilibri ambientali politici le 4 grandi potenze globali attuali (Usa, Russia, Cina e India) fanno la corte al Papa: Re di una monarchia assoluta, senza partiti, né sindacati e stampa libera ma solo asservita alla catena di comando gerarchica. Ho terminato di scrivere un saggio ”Canale di Pace…” in c. di s., che tratta dell’evoluzione del suddito a cittadino. Mi spiace vedere la brexit che prende corpo, ma speriamo ci sia un ravvedimento del popolo inglese che sperimentò la prima forma moderna di Democrazia oltre ad iniziare la rivoluzione industriale con la formazione dei primi sindacati. Non vorrei, come osservatore non del tutto distratto dell’evoluzione dell’ambiente globale in atto, che la paura degli Usa sia dietro la brexit e l’abbia causata. Forse gli Usa vedono il pericolo di una possibile futura fusione U. E.-Russia? Potrebbe essere! Da che mondo è mondo politico, l’espansionismo dello Stato più ricco genera dipendenze ed amplia la sfera d’influenza e forme di colonialismo non più tradizionale ma finanziario e digitale come la tecnologia 5G cinese? Fatto sta che l’Unione Europea, zoppa della Gran Bretagna, subirà una battuta d’arresto sull’evoluzione del suo cittadino con frenate potenti dei Paesi d’oltralpe verso quelli a sud che non hanno ancora un sistema ambientale evoluto verso la democrazia meno pasticciona, troppo spesso basata su feudi elettorali che impediscono la meritocrazia, i libero mercato e la riduzione della burocrazia. Sarà difficile all’Italia più degli altri partner meridionali dell’U.E. restituire gli interessi a buona parte del Recovery Fund perché non sarà capace di riforme contrarie ai feudi elettorali che neanche la Magistratura, il terzo potere democratico, riesce a non far lievitare sia pure agendo spesso in modo eroico tra interessi della malavita organizzata che rende collusi non pochi funzionari statali soprattutto per gli appalti di opere pubbliche. Sono lontani i tempi della speranza di unificare in un Organismo sovranazionale l’ambiente politico europeo. Il 25 marzo del 1957 con il Trattato di Roma, l’Unione Europea fa un primo e più significativo salto verso la sovranazionalità. Il 24 c. m. i presidenti Charles Michel e Ursula von der Leyen firmano a Bruxelles l’accordo di recesso. Il giorno stesso il documento viene poi firmato a Londra dal primo ministro Boris Johnson. Il 29 il Parlamento europeo voterà l’accordo. Una volta che il Parlamento avrà dato la sua approvazione, il Consiglio adotterà, mediante procedura scritta, la decisione relativa alla conclusione dell’accordo a nome dell’UE. Dopo l’adozione, l’accordo di recesso entrerà in vigore all’uscita del Regno Unito dall’UE il 31 gennaio 2020 a mezzanotte (ora di Bruxelles). È la prima volta dal 1600, nell’intera storia di Westminster, che i deputati vengono richiamati in aula sotto Natale. Il trionfo di Boris: 521 voti. La Gran Bretagna è dentro la Ue da 47 anni. E il Recovery Fund cos’è? Prendo spunto da un servizio apparso oggi su Econopoly. Il colossale contributo, apparentemente benefico dell’U.E. è’ relativo a transizione ecologica; modernizzazione. Istruzione; infrastrutture;  parità di genere e sanità. Cosa sono? I sei comparti economco-sociali in cui verrà ripartito il cosiddetto Recovery Fund o Plan, ovvero quell’iniezione di risorse provenienti dall’Europa pari a circa 200 miliardi che dovrebbero servire non solo per risollevare il Paese dalla crisi pandemica, bensì per traghettarlo nel futuro, vista la mole dell’intervento. I comparti sono in ordine ai fondi più e meno cospicui assegnati con la sanità fanalino di coda, purtroppo. La lettura di quei sei argomenti e della relativa ripartizione monetaria crea, a onor del vero, non pochi problemi e a volte di enormi preoccupazioni nell’ambiente politico dei membri dell’unione. Andiamo per ordine. La “Modernizzazione” del Paese che, ci spiega anche il potere Esecutivo (governo giallo-rosso) significa disporre di una Pubblica Amministrazione efficiente, digitalizzata e sburocratizzata, veramente al servizio del cittadino. Un mio conoscente, di Bojano (CB), vetusto ed ex D. C. nonchè già dirigenti scolastico e di Asl, mi precisa che la pubblica amministrazione non è al servizio del cittadino ma un servizio per il cittadino. Pensai allora e confermo ora eccoci ai soliti bizantinismi, magari fatti senza colpa dolosa. Fatto sta che non sono pochi quelli che remano ancora per non volere il cittadino pensante ma il suddito perennemente dipendente anche per essere imbonito in piazza e con i media asserviti. Per il Recovery Fund è facile comprendere in che modo si intende utilizzare le risorse in questione? Passando alla parità di genere, poi, essa “richiede di intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione in essere nei confronti delle donne che riguardano prioritariamente la partecipazione al mondo del lavoro, la retribuzione e la qualità del lavoro”. Tutto chiaro. E abbiamo già scavalcato ampiamente la soglia dei 100 miliardi, tra transizione, modernizzazione e parità, senza in verità capirci molto come attuare ciò e in che tempo. La chiarezza, penso, sia la prima cosa dovuta agli italiani, visto che si tratta di spendere una grossa quantità di denaro che andrà anche restituito. Ma l’attuale maggioranza ed anche l’altra in ombra per salire al potere governativo non sanno fare altro che tagliare fette di panettone del Recovery Fund per il proprio elettorato da tenere contento per mietere ancora consensi nonostante il mutevole umore popolare. Un secondo aspetto di evidenza macroscopica è di tipo quantitativo e riguarda la modalità di ripartizione delle spese tra la voce più ricca e quella più povera: la prima è rappresentata dalla “transizione ecologica”, mentre il fanalino di coda è la bistrattata sanità. Ma come 9 miliardi? In Campania e a Piedimonte Matese ad esempio servirebbero eccome cospicui fondi per la sanità e l’ospedale di primo livello promesso da De Luca e prima da Caldoro. Tutti promettono per mietere consensi e poi lasciano finanziare la solita Napoli pigliatutto? Pare proprio di si se vediamo i fatti e non le promesse ad ogni tornata elettorale. Parliamo comunque di un settore sul quale si è abbattuto una pandemia sorprendente, ma non sufficiente a coprire i buchi derivanti dalla scarsità di risorse. È vero che non si era mai vista una cosa del genere, ma è altrettanto certo che va fatto tesoro di quest’esperienza, per migliorare la tenuta del sistema. Perciò fa un po’ strano (per usare un eufemismo) vedere oltre 70 miliardi piazzati sulla transizione ecologica e circa un nono nella sanità, che di questa emergenza è stata (infausta) protagonista. Il terzo aspetto è relativo alla carenza di contenuti. Facciamo un esempio, richiamando il capitolo dell’istruzione dedicato al “Potenziamento della didattica e diritto allo studio”, a cui si associano circa 10 miliardi di euro spiegati in una manciata di parole di una vaghezza incredibile. O, ancora, sulla Giustizia, al di là di propositi di riorganizzazione delle Procure e delle nomine del CSM, non c’è nulla di consistente. Nulla più rispetto alla bozza di legge delega, da molto tempo, parcheggiata in Parlamento. Oltre a non essere chiaro, il Recovery Plan redatto in questo modo sembra risultare, per i politici italiani di centrosinistra soprattutto, anche privo di contenuti innovativi per aiutare, non con elemosine, il sistema Italia a riprendersi dalla scoppola pandemica. Quarto, ed ultimo punto riguarda la linea di comando sulla gestione di queste risorse che appare, almeno da queste prime battute, poco “democratico”, per così dire. È vero che le decisioni vanno prese con tempismo e la larga condivisione e il confronto sono nemici in questo senso, ma la Democrazia è questa e l’uomo solo al comando, più tipico di alcuni partiti di centrodestra, che gareggiano con alcuni di centrosinistra non genera buon tempo politico né lo lascia sperare. È pur vero, però, che il Recovery Fond è troppo determinante per le sorti del Paese e il processo decisionale dovrà essere più democratico perché pare che il voto popolare sia a maggioranza mutato e pende non per i due partiti di governo che sembrerebbero usurpatori di volontà democratica. Il processo decisionale per la colossale iniezione di fiducia del Recovery Plan, deve perciò includere il maggior numero di interlocutori possibili (o quantomeno non escludere quelli istituzionali, che esistono proprio per questo). Il via libera del potere esecutivo al nuovo bilancio e il Recovery potranno partire a gennaio 2021, come previsto. Le prime risorse dovrebbero arrivare in primavera. “Con l’intesa raggiunta – ha spiegato un eurodeputato nostrano – l’Unione Europea può finalmente dare inizio alla fase operativa e sbloccare le ingenti risorse destinate al rilancio economico dell’intera Europa. “Stiamo parlando di cifre a dir poco importanti: 1.800 miliardi di euro tra bilancio pluriennale e Recovery Plan, tra cui i 209 miliardi per l’Italia. Ora tocca a noi farci trovare pronti e dimostrare di saper gestire al meglio questi fondi. Le prossime settimane saranno decisive: mi auguro che il Governo italiano – ha concluso l’europarlametare – abbia le idee chiare sui progetti di rilancio per il nostro Paese, a cominciare dal Mezzogiorno”. Il solito Mezzogiorno che piange sempre aiuti straordinari per crescere, ma quando chiederà solo quelli ordinari che non gli vengono elargiti da chi di dovere? Il Sud nostrano ha bisogno di fiducia interna con un meridionalismo non piagnone, ma del rimboccarsi le maniche con lotta alla partitocrazia invadente la società civile, collusioni diffuse e Magistratura spesso isolata dal cittadino ancora suddito di antiche e nuove sudditanze come quelle che generano collaudati feudi elettorali, anche se legali della nostrana Democrazia del 2020, quasi 2021 d.C.! In vista di una hard Brexit, il Governo britannico già mesi fa ha stilato una lista di tariffe che potrebbe essere ancora usata in caso di collasso dei negoziati. L’analisi pubblicata mesi fa da Bloomberg potrebbe ora tornare molto attuale. La riflessione ha fatto notare che su 301,2 miliardi di beni esportati dai membri UE verso il Regno Unito, almeno 47,3 miliardi (circa il 16%) potrebbero essere colpiti dalle tariffe che scatterebbero in caso di Brexit senza accordo commerciale. Il totale dei costi aggiuntivi per i prodotti europei ammonterebbe a quasi 5 miliardi di euro. Nella citata lista, elaborata allo scopo di proteggere l’economia britannica dalla concorrenza UE, sono finiti 500 prodotti che potrebbero colpire in maniera più e meno marcata diversi Paesi. C’è da sperare che l’accordo U.E.-Gran Bretagna non sia un altro cedere dell’U.E. verso chi ha già un suo ambiente commerciale planetario, senza più interlocutori europei, ma solo d’oltreoceano! L’Ambiente europeo, con la brexit, si impoverisce, ma soprattutto rischia d’impantanarsi tra ruggini nazionalistiche e tra ricchi e poveri che dialogono solo con la forza finanziaria di un euro tedesco pesante, un asse franco-tedesco dominante e gli altri allettati con prestiti, forse usuranti. Non fare mai del bene se non sei preparato all’ingratitudine diceva un noto innovatore automobilistico italiano!

 

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