LETINO / VALLE AGRICOLA. Aspetti dell’ambiente matesino con le patate di Letino e i ceci di Valle Agricola.

Le due leguminose sono entrambe di eccellenti qualità organolettiche. Rispetto alle altre varietà, le lenticchie di Valle Agricola hanno delle tipiche dimensioni medie, colore…

di Giuseppe Pace (letinese doc, e non dop).

Circa un lustro fa, transitavo in automobile lungo la strada, a due corsie, che collega Letino a Miralago-Piedimonte Matese, passante per le Secine e  mi capitò di vedere mio cugino materno, Antonio, scavare patate alle Secine, toponimo locale di Segala, in un campo con rete anticinghiale. Eravamo a oltre 1000 metri di quota sul Matese più alto in territorio di Letino. Là, la segala prima e le patate ancora oggi abbondano in campetti appositamente spretati nella fertile dolina carsica tra Sprecavitelli e Colle Rotondo dove nasce il mitico fiume Lete e s’inabissa una prima volta, la seconda forma le grotte di Cauto dopo il lago letinese. Riporto la foto della sorella Maria che scava le ottime patate letinesi con più bravura- del fratello, come spesso sanno fare le donne più degli uomini. Un altro fratello, sempre un mio cugino materno, Angelo, sapeva produrre ottime scamorze e caciocavalli di mucca, forse prima ancora degli ottimi imprenditori di derivati del latte, Ferritto, figli di mia cugina paterna con mamma roccolana maritata a mio zio Giambattista. Tra i prodotti gastronomici letinesi legati all’ambiente antichissimo della transumanza vi sono i formaggi pecorini, le ricotte, le scamorze e i caciocavalli e, da  dopo la scoperta dell’America di fine XV sec., anche le patate sia nere nelle valli più alte tra i faggi di “Capo la Sava” che di altri colori della buccia. Quest’ultima veniva utilizzata per intero mettendo a cuocere le patate sotto alla cenere ancora calda del fuoco del camino invernale di Letino, quasi sempre acceso per il non poco freddo, che obbligava i miei conterranei d’origine a fare finestre più piccole. Nel vicino paesetto di Valle Agricola vi sono i ceci di rinomata qualità, ultimamente anche i taralli sono eccellenti come mi ha fatto gustare 2 anni fa l’impiegata delle Acli a Piedimonte Matese, ma me ne averva accennato lo scriptorum loci di Valle di Prata, Luigi Cimino, autore tra l’altro del saggio”La mia terra” e si riferisce alla sua Valle Agricola che ha nella mente e nel cuore, come ha curato anche il saggio sul fiume Lete dedicando a Letino non poca attenzione e con competenza più di altri. Lenticchie e ceci abbondavano a Valle Agricola. Le due leguminose sono entrambe di eccellenti qualità organolettiche. Rispetto alle altre varietà, le lenticchie di Valle Agricola hanno delle tipiche dimensioni medie, colore scuro e buccia sottile, il che le rende di facile preparazione ma anche più pregiate per i palati dei buongustai. I ceci di Valle Agricola sono non di grandi dimensioni, il colore è nocciola chiaro, la buccia è sottile, la digeribilità è migliore di altri ceci non solo matesini e campano-molisani. La pianta di cece come le fave pure presenti in quel paesetto del Matese occidentale, viene coltivata in aree ad altitudine anche superiore ai 650 metri di quota e le regole di coltivazione rispecchiano la tradizione colturale dell’area, estensiva e legata al consumo familiare e locale. Il cece ha un ciclo biologico breve di tipo primaverile in quanto la coltivazione prevede un rapido sviluppo vegetativo, con semina a fine inverno, fioritura a metà giugno e raccolta a fine luglio. La pianta raggiunge mediamente 50 cm di altezza con un baccello che contiene uno o più semi. La semina avviene manualmente a file distanziate tra loro circa 70 cm interrando a 5 cm di profondità e con distanza tra i semi di 15 cm a inizio marzo o anche un po’ dopo se in terreno più elevato. La raccolta si effettua ad agosto, quando le piante sono totalmente ingiallite e disseccate ed il seme resiste alla scalfittura con un’unghia. Il cece viene asciugato al sole, separato dai baccelli per battitura con bastoni flessibili, e conservato in sacchi di tela, in posti asciutti e bui. I ceci vengono coltivati sui classici “fazzoletti di terreno”, e utilizzati soprattutto per proprio conto familiare, per parenti, amici ed anche un po’ di mercato locale tendente ad allargarsi ad un mercato esterno se aumenta la promozione. I ceci si conservano in sacchetti di tela grezza a trama grossolana o cassette aperte, ultimamente anche di plastica per la conservazione. Il prodotto viene utilizzato soprattutto essiccato, per la preparazione di piatti tradizionali dell’area di coltivazione, come ingrediente principale. Dunque a Letino Patate con la p maiuscola e a Valle Agricola Ceci con la c pure maiuscola. Il letinese, Luigi Stocchetti, 4 anni fa a Caserta, mi rispose ad una domanda di politica economica: ”noi letinesi subiremo meno la crisi poiché torneremo a mangiare patate”! Egli ricordava, come anche il sottoscritto di 5 anni più giovane, le molte patate coltivate, seminate, accannate e scavate nel montuoso territorio del comune paesetto nativo. Mio padre poi le barattava con olio, mele e cachi con il mio aiuto da dodicenne insieme a coetanei letinesi come Luigi Orsi, cugino di VI grado, suo padre Giambattista e mio padre erano primi cugini, che il Diritto romano chiama di IV grado. Prima ancora, fino al primo dopoguerra ultimo, i letinesi barattavano le patate con le pere dei roccolani come ricordava mia madre Filomena Fortini e Benedetto d’Angelo di Roccamandolfi, oggi residente a Boiano, come Ispettore scolastico a riposo. Mangiavo spesso d’inverno le pere roccolane con le noci del boschetto di San Pietro, forse i letinesi più di altri conoscevano il detto ”al contadino non far sapere come sono buone le noci con le pere”! A Letino, in località Canale- mio padre veniva appellato Luigi ru Canale- dove c’era la masseria di mio nonno omonimo con lo stazzo degli ovini che conduceva, associandosi a “Pastabianca” di Roccamandolfi,  lungo il tratturo Pescasseroli-Candela fino al Tavoliere pugliese. Si faceva aiutare da 2 garzoni- uno si chiamava Cristinzo poi emigrato in Argentina, me lo ha ricordato anni fa a Padova- oltre che dai 6 figli, di cui una morta giovane, Concetta. Di Letino e di letinese sono da degustare ottimi formaggi con la lacrima, polenta acconcia con salsicce, tagliatelle con funghi porcini ed agnello oltre che lumache come fa l’altro mio cugino Giuseppe Pitocco e moglie all’agriturismo Colle Margherita, vicino alla masseria di Filomeno Stocchetti. Di merci alimentari l’antichissima comunità civile di Letino non abbondava mai, ma era abbastanza autonoma o autoctona a parte per l’olio, che sostituiva con lo strutto o grasso animale, l’uva, il vino, le castagne, melograni, fichi d’india, pomodori, ecc. che barattava con i paesi vicini come Fontegreca, Prata e Valle di Prata o Valle Agricola. A Gallo Matese mia nonna, Peppa Orsi, alla fiera e festa di Sant’Antonio di Padova, barattava un pezzo di formaggio con alcuni kg di ciliegie, “cirase”, a Letino maturavano circa un mese dopo di quelle che giungevano alla fiera gallese da Fontegreca, Ciorlano, Prata S., Capriati al Volturno, ecc.. Anche molto dopo maturava il grano rispetto ad Alife dove c’è la fontana di bronzo francese dedicata al mietitore. Oggi di Letino pare che si conoscano solo i derivati del latte che Ettore Ferritto, moglie e figli producono con passione imprenditoriale ereditata dal padre, che era anche un buon cuoco che fece da emigrato in Venezuela, pare. Ricordo, quando ero a Letino, che frequentava la Coldiretti degli anni Cinquanta, un letinese pioniere di associazionismo agricolo. A Vini-Italy, circa una decade di anni fa, vidi e degustai le patate di Letino al padiglione della Camera di Commercio IAA di Caserta. La patata letinese l’ho anche rigustata al ristorantino vicino all’ex cinema “Mascagni” di Piedimonte Matese, meno di un lustro fa, come l’agnello letinese in un ristorante di Caserta. La patata letinese ha buone qualità organolettiche, non poca vitamina B1, sali minerali, potassio e fibre utili per la digestione. Pare che anni fa il Sindaco letinese promosse un convegno sulla patata locale come il Sindaco L. Stocchetti al ristorante Serramonte parlò delle proprietà organolettiche delle trote del Lete durante la Festa della Montagna della Comunità Montana di una trentina d’anni fa. Le trote del Lete le pescavo da piccolo estraendole con le due mani da sotto le pietre fluviali, ma coetanei più bravi di me ne pescavano di più, io ero allenato alle pietre del più piccolo e povero di pesce fiume Sava, che sorge a Capo Sava ed alimenta l’attuale lago di Gallo Matese. Nella Campania che fu Felix al tempo di Roma caput mundi vi sono molte eccellenze planetarie di merci alimentari e tradizioni gastronomiche. Esse non escludono l’intero territorio del Sannio campano-casertano, beneventano e irpino- e molisano.  Tali merci e tradizioni culinarie ebbero origine e si sono evolute in un ambiente ricco di cultura ateniese sulla costa e spartana nell’interno, lungo l’’Appennino. Sulla costa l’ottimo clima ha permesso colture eccellenti di uva, viti, limoni, legumi, pesche, mele, pere, noccioline, mentre nell’interno dapprima segala-come alle Secine letinesi- e poi patate ancora non doc (d’origine controllata) oltre alla rinomata transumanza, dichiarata, dall’Unesco recentemente, patrimonio culturale dell’umanità. Vicino ai vulcani dei Campi Flegrei e del Vesuvio i terreni agricoli sono di alta qualità e produttività con primati nazionali di pomodori, legumi, arachidi, cipolle, agli, zucchine, pesche, carciofi, ecc. Sul Matese, invece, non mancano eccellenze di nicchia come patate letinesi e ceci vallesi o di ex Valle di Prata S.. in particolare.Tra Valle Agricola e Letino vi sono non pochi matrimoni, scambi amicali e antiche tradizioni comuni. Ad alcuni dei montanari, miei paesani letinesi, ma non solo, mi piace rammentare il monito di Enzo Ferrari riportato in foto come pure la firma seguita da doc e non dop (d’origine protetta) per dire che il cittadino, a differenza del suddito non deve essere protetto dai politici- bastano le leggi del 2021 d.C.- dei possibili diffusi feudi elettorali campani, che considero negativi e, in ogni caso, di bassa qualità civile. Spero che la civilissima comunità di persone residenti nella bella e comoda cittadina di Piedimonte Matese, ai piedi del Matese campano-casertano, sappia alzare la testa per non ricadere in vecchi o nuovi feudi elettorali (visto gli strali di alcune delle liste che si vanno raccattando da lontano alla meno peggio) non forieri di evoluzione del suddito a cittadino così come prevede l’art. 4 della Costituzione e come l’On. P. Calamandrei viene ricordato nell’aula magna della scuola media di primo grado G. Vitale, vicino alla villa comunale piedimontese. Calamandrei parlava di suddito e di cittadino che la scuola può promuovere, ma non sempre ci riesce, purtroppo, e dà ancora sudditi, magari non del tutto analfabeti come prima del boom economico 1953-73 quando l’Italia era povera e contadina, ma adesso, passata la pandemia da covid19, l’economia ha bisogno di un nuovo miracolo o boom economico-sociale. Il Matese poi da area depressa e poco servita deve fare un balzo in avanti, non indietro!

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