Tentato omicidio o lesioni? Dipende dal sesso dell’autore.

Collo sede di organi vitali che possono condurre alla morte.”Può la magistratura riconoscerlo quando il collo appartiene ad una vittima di sesso femminile, ma non riconoscerlo quando è maschile?” Gli esempi noti…

di Fabio Nestola

Come capita spesso, troppo spesso, ci troviamo a riflettere sulla effettiva imparzialità dei nostri organi giudicanti, siano essi di prime cure, di Corte d’Appello o di Cassazione. Partiamo da questo articolo, che racconta di un marito che solleva la moglie per il collo. Dice la Cassazione: «il collo è sede di organi vitali e che la loro compromissione può determinare gravi conseguenze, che possono condurre alla morte». Non è successo ma poteva succedere, questo il senso di ciò che sostiene la Cassazione. Quindi è l’intenzione del reo che va punita, a prescindere dagli esiti dell’aggressione che risultano essere meno gravi di come avrebbero potuto diventare; ma proprio per il fatto che l’esito avrebbe potuto essere più grave, il capo di imputazione deve essere di tentato omicidio. Ciò che l’aggressore ha fatto poteva uccidere, poi non ha ucciso per cause da lui indipendenti, però la volontà omicidiaria c’è e va punita.

In definitiva, per la Suprema Corte «la scarsa entità o anche l’inesistenza delle lesioni provocate alla persona offesa non sono circostanze idonee ad escludere di per sé l’intenzione omicida, in quanto possono essere rapportabili anche a fattori indipendenti dalla volontà dell’agente, come un imprevisto movimento della vittima, un errato calcolo della distanza o una mira non precisa, l’intervento di un terzo»Teoria ipergarantista, ma giusta. Per lo meno se venisse applicata a chiunque. Sembra invece che l’ipotesi di esiti più gravi non venga presa in considerazione in una mole infinita di casi che registrano l’aggressione subita da un uomo per mano di una donna.

Doppiopesismo nei tribunali?

Abbiamo in archivio centinaia uomini accoltellati da mogli ed ex mogli, fidanzate ed ex fidanzate, conviventi ed ex conviventi. Il reato contestato è sempre quello previsto all’art. 582 cp (lesioni personali), anche quando è chiara la volontà omicida che non si concretizza solo grazie a «fattori indipendenti dalla volontà dell’agente», per replicare le esatte parole utilizzate dalla Cassazione. Le coltellate sferrate a zone del corpo vulnerabili e interessate da organi vitali come la gola o il petto esitano in incriminazioni per lesioni aggravate dall’uso di un’arma. Anche le ferite a mani e braccia – unanimemente riconosciute come ferite “da difesa”, tipiche di chi prova a parare i colpi dell’aggressore per evitare di finire sgozzato o sbudellato – finiscono sempre per essere squalificate in semplici lesioni, talvolta aggravate dalla convivenza con la vittima.

Eppure la Cassazione riconosce che «il collo è sede di organi vitali e che la loro compromissione può determinare gravi conseguenze, che possono condurre alla morte». Può la magistratura riconoscerlo quando il collo appartiene ad una vittima di sesso femminile, ma non riconoscerlo quando la vittima è maschile? Nemmeno quando le coltellate sono numerose ed inferte in tutto il corpo? Non si sente il profumo di una grave discriminazione sessista? Nell’archivio dei casi di cronaca del 2023, oltre alle coltellate, abbiamo decine e decine di aggressioni compiute da donne e finite nel sangue a colpi di forbici, mannaie, roncole, falci, cacciaviti, cocci di bottiglia e altre armi improprie. Alla luce dell’ultimo pronunciamento della Cassazione è lecito chiedersi: tutti tentati omicidi che non sono stati configurati come tali?

Gli esempi noti.

È solo una selezione di alcuni casi archiviati nel 2023, molti altri accoltellamenti sono effettivamente sfociati in una incriminazione per tentato omicidio, altri ancora in omicidio consumato. Poi qualcuno, ideologicamente condizionato, si accanisce a farne una contrapposizione di genere sostenendo che la violenza fisica è solo maschile, quella femminile è invece psicologica. Negli archivi degli anni passati le aggressioni gravissime classificate come lesioni personali sono centinaia. Tra gli esempi più noti, l’aggressione subita dall’avvocato Piero Lorusso nel 2014 per mano della sua allora compagna Eleonora De Nardis, volto noto della RAI: nonostante la dinamica, la donna venne incriminata e poi condannata per lesioni aggravate (per altro, durante il percorso giudiziario lei non mancò di farsi ospitare in Senato e per mezza Italia a parlare di “violenza contro le donne”). Un altro caso dei tra i più noti è l’attacco con l’acido subito da William Pezzulo (2012). William rimase oltre due mesi in rianimazione tra la vita e la morte, i sanitari non erano sicuri di poterlo salvare; eppure il PM titolare dell’inchiesta rifiutò di configurare il tentato omicidio in capo ad Elena Perotti, derubricandolo in lesioni personali. Quando la madre di William, Fiorella Grossi, ed il legale che lo patrocinava chiesero la motivazione, venne loro risposto: “avvocato, non vorremo mica costruire un mostro?”.

Lafionda.com/tentato-omicidio-o-lesioni-dipende-dal-sesso-dellautore

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