Ambiente campano con la tomba di Dracula a Santa Maria la Nova.

di Giuseppe Pace, già prof. Del Maeci al Liceo Transilvania di Deva.

Non è la prima volta che mi interesso di ambiente campano, e napoletano in modo speciale, con un fatto storico ammantato di mito leggendario come il luogo della sepoltura del principe romeno del XV sec., Vlad III, detto Dracula. Da una recente visita alla città di Napoli, dove vi frequentai l’Università, istituita da Federico II nel XIII sec., con il suo affollato centro storico, ho visitato nei dettagli la chiesa di Santa Maria l Nova, i suoi chiostri, il museo religioso e la tomba di Dracula, il famoso Vampiro, che E. Munch ha dipinto e che ho osservato al Metropolitan Museum of Arte di New York in compagnia del prof. Alberto Cecconi di Gualdo Tadino (PG).

Santa Maria La Nova è costituita dalla Chiesa, dalla Sagrestia, dall’Antico Refettorio e da due chiostri: uno maggiore e uno minore, detto anche di San Giacomo, è opera di Giovanni Cola di Franco nel XVI secolo. Diversi sono gli affreschi legati alla vita di S. Giacomo della Marca (attribuiti a Simone Papa) e numerosi monumenti funerari quattro-cinquecenteschi disposti lungo le pareti. Uno di questi è attribuito a Vlad III, principe di Valacchia, nato a Sighisoara nel 1431 e non morto in battaglia ucciso dall’altro principe, alleato e traditore dei nemici ottomani. L’anno della sua morte, ucciso dal principe di Moldavia Basarab, non è certo, mentre è sempre più certa la sua sepoltura a Napoli, nel chiostro minore di Santa Maria la Nova, grazie a Maria, figlia di Vlad III, maritata al conte Ferillo, parente del re di Napoli a fine 1400. Le mie ricerche in merito alla sepoltura di Vlad II se non sono originali sono tra le prime di chi ha conosciuto direttamente e per 5 anni ’ambiente romeno del Vampiro per antonomasia.

Ho insegnato al Liceo Tecnologico “Transilvania” dal 2004 al 2008, per conto del  Maeci (Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) con interessi anche di cultore di studi ambientali. L’Ambiente che io studio è un insieme di Natura e Cultura, dove la seconda plasma la prima e costruisce il paesaggio con i suoi segni, necessari per l’dentità del cittadino più che del popolo, che in ambiente non occidentale sembra essere ancora molto usato ed abusato dal ceto politico, che me parla sempre con retorica vuota di significato. Si il cittadino ha un nome ed un cognome il popolano no.

Dell’evoluzione del cittadino,  ho scritto un saggio recente, pubblicato da Amazon, libri.it oppure com per i romeni, ca per i canadesi, fr per i francesi, de per i tedeschi, co.uk per gli anglofoni, ecc. Nel libro non promuovo il Tramonto dell’Occidente, tanto caro a certi filosofi ideologizzati a senso unico, ma scrivo che il cittadino in Oriente è meno evoluto di quello occidentale nel generale processo evolutivo dal precedente di suddito del vassallo, anche se oggi le moderne democrazie stanno creando nuovi feudi, elettorali! Ma torno ai segni del paesaggio romeno e a quello che i visitatori esterni cercano in quel paesaggio come gli itinerari “Sulle orme di Dracula”, che escluderebbero, ingiustamente, il castello Corvino di Hunedoara, dove il giovane Dracula fu amico dapprima con Mattia Crovin e poi suo prigioniero per lotte di potere nel complesso ambiente romeno del 1400. In quell’ambiente vi erano tre principati, quello della Transilvania dominato dal principe o voivoida cattolico Mattia Corvin, uno ortodosso della Moldavia condotto dal principe Basarab e il terzo, pure ortodosso, della Valacchia (attuale territorio della capitale romena e dintorni) con Vlad III. Tutti e re combattevano sodo verso l’espansionismo dell’impero Ottomano e Vlad III, che utilizzava le torture per i vinti imparate alla corte araba di Istanbul ome impalare i prigionieri di guerra, che applicò, in una famosa pasqua di sangue, anche verso i boari che stavano per cambiarlo come vassallo e correre sotto la protezione dei Corvino. Vlad III, forse più incisivamente degli altri principati, combatte contro gli Ottomani e i romeno, riconoscenti lo consderano un eroe nazionale, non danno credito al mito leggendario del Vampiro, che il cantore di corte del dittatore Nicolae Ceausescu, Adrian Paunescu, definiva “pornografia occidentale”.

Invece il mito esiste e fa parte dell’immaginario globale della patria del nobile Vlad III, che non era la Transilvania dove nacque da madre transilvana, ma la Valacchia, tanto che il parlamento romeno ha deliberato per il turismo diffuso un “parco draculiano” in Valacchia, suscitando proteste dei parlamentari transilvani, che poco colti in storia, volevano assecondare i “sudditi elettorali” dei loro feudi e ciò è relativo a tutti i partiti romeni di una Repubblica semipresidenziale alla francese.  Il mito esiste ed è stato molto attentamente curato dal massimo esponente dell’espressionismo artistico, il norvegese, E. Munch, autore di The Vampyr, dove dipinse una donna vampiro, che succhiava il sangue dal collo di un uomo in una armonico contrasto di luce e di ombre, quasi allo stile di Caravaggio. Munch disegno il suo quadro prestigioso qualche anno prima che l’irlandese B. Stoker pubblicasse il noto best seller dedicato a Dracula, che ha ispirato un’abbondante  letteratura e cinematografia. Munch aveva letto della contessa Elisabetta Batory, che, in Transilvania di fine 1500, faceva il bagno nel sangue di centinaia di giovanissime donne. Ecco che fu ispirato a lasciarci il dipinto in eredità che raffigurasse un Vampiro al femminile. Ho scritto e pubblicato un saggio “Romania e Vampiri”, leolibri,it, che pone in risalto l’ambiente non solo romeno ma globale col mito del vampirismo, presente in Europa molto prima del XV sec. come la donna con il mattone in bocca seppellita a Venezia o le streghe tanto care all’autore del romanzo e film  “il nome della rosa”.  Vlad III è un personaggio storico ricco di vicende, fatti reali ed ancora di più mitici che fanno parte della Cultura mondiale, dove più e dove meno. Ecco perché rivedere e riscoprirne la tomba a Napoli di Dracula, non è un fatto secondario, ma di intreccio storico, artistico e religioso. Lo stemma nobiliare del drago sulla tomba è un reperto importante perchè Vlad III aveva ereditato dal padre quell’emblema araldico di un ordine di cavalieri fedeli al re di Polonia. In romeno dracul significa diavolo e la notizia che disseppellendo il cadavere di Vlad III, nel cimitero dell’isola fluviale di Snagov, a nordest di Bucarest, si fosse trovato lo scheletro con la testa di cavallo, fece presa nell’immaginario collettivo romeno e non solo. Il mito del Vampiro romeno si innesta con precedenti e successivi miti legati a leggendari personaggi visti nel misterioso mondo d’oltretomba. Al Lago d’Averno, a nord di Napoli, a Pozzuoli, le anime prima di lasciare il pianeta Terra, venivano accompagnate dalla Sibilla Cumana che aveva addomesticato Cerbero, un cane con tre teste, che Virglio e Dante ripresero nei loro poemi universali. Ho pubblicato 1o canti fluviali su di una rivista romena ”Semne-Emia”, che me li ha chiamati Canti Universali, facendomi inorgoglire non poco. Si anch’io ho lasciato il segno nell’ambiente romeno dove ho insegnato ed insegnare significa lasciare il segno. Dei miei 14 saggi, ben 4 sono dedicati alla Romania e alla città di Deva, dov’era la sede liceale di servizio nonché oltre 100 articoli dei miei circa  mille. Rivedere con occhi diversi, l’ambiente di Santa Maria la Nova, è stato emozionante e stimolante per continuare a scrivere anche di Vlad III, famosissmo Vampiro, che si colloca nel regno dei morti con ambiente più scuro, dove solo la religione pare abbia il permesso di indagare, invece, dovrebbe farlo anche la scienza, come sostiene il fisico vicentino Federico Faggin, scienziato della Silicon Valley. Che ho ripreso ed ampliato nel saggio suddetto dell’evoluzione del cittadino, chè è il sottotitolo di Canale di Pace. Visitando l’ambiete artistico,religioso del complesso monumentale di Santa Maria la Nova, ho appreso che l’ingresso del convento, posto sul lato sinistro della chiesa, era in quella che prima era la cappella dedicata a sant’Onofrio. Il chiostro, con la sua bella torre dell’orologio in maiolica, è circondato da un porticato con colonne doriche e mostra al centro un pozzo marmoreo. Il Chiostro Maggiore, detto di San Francesco, si presenta a pianta quadrata ed è in stile toscano. Dal 2006 l’Associazione Oltre il Chiostro onlus ha allestito il Museo ARCA, acronimo di Arte Religiosa Contemporanea. L’intento, secondo I curatori, è di far avvicinare il pubblico alle opere di artisti che dal 1949 hanno cercato di comunicare con linguaggi diversi il loro credo religioso.

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