Caserta / Cassino. Concorsi truccati, arrestati 7 docenti universitari, tra cui Amatucci della “Vanvitelli”: 59 gli indagati, anche l’ex Ministro Fantozzi.
Corruzione per concorsi truccati, arresti domiciliari per 7 docenti universitari, titolari di cattedre di diritto tributario, altri 22 docenti interdetti per un anno dallo svolgimento delle funzioni di professore universitario e di quelle connesse ad ogni altro incarico assegnato in ambito accademico. Sono le risultanze dell’operazione “Chiamata alle Armi” eseguita dalla Guardia di Finanza di Firenze in diversi atenei. Alla fine sono ben 59 i docenti complessivamente indagati per reati di corruzione, oltre a 150 perquisizioni presso uffici ed abitazioni di professionisti, disposte dal Gip del Tribunale di Firenze su richiesta della Procura della Repubblica. Nei confronti di altri 7 docenti universitari, sempre il Gio di Firenze, Angelo Antonio Pezzuti, si è riservato la valutazione circa l’applicazione della misura interdittiva dopo l’interrogatorio degli stessi indagati. Questi i sette professori destinatari di misura cautelare ai domiciliari: Guglielmo Fransoni, residente a Roma, tributarista e professore a Foggia, Fabrizio Amatucci, professore a Napoli, Giuseppe Zizzo, della libera università Carlo Cattaneo di Castellanza (Varese), Alessandro Giovannini dell’università di Siena, Giuseppe Maria Cipolla dell’università di Cassino, anche lui residente a Roma, Adriano Di Pietro dell’università di Bologna, Valerio Ficari, ordinario a Sassari e supplente a Tor Vergata a Roma. Tra gli indagati che ora rischiano l’interdizione (si deciderà solo dopo l’interrogatorio) anche il professore ed ex ministro Augusto Fantozzi. Dalle intercettazioni telefoniche e’ emerso che i vincitori del concorso nazionale per l’abilitazione scientifica all’insegnamento nel settore del diritto tributario venivano scelti con una «chiamata alle armi» tra i componenti della commissione giudicante, e non in base a criteri di merito. In particolare, uno dei docenti, componente della commissione giudicante, avrebbe dichiarato in un’intercettazione di voler favorire il suo candidato, contrapposto a quello di un collega, esercitando la sua influenza con una vera e propria «chiamata alle armi» rivolta agli altri commissari a lui più vicini. Tutta l’inchiesta sembra aver avuto inizio dalla denuncia di un ricercatore fiorentino, al quale sarebbe stato proposto di ritirare la propria domanda al concorso per fare posto a un altro candidato.