Bojano. In Molise e a Bojano, appoggiato al Matese, un media molisano si oppone alla politica grillina.
Nel Molise ed al Matese che ha diritto democratico di essere informato in modo superpartes dalla imperante partitocrazia, spesso antiquata e di seconda mano o rimasta indietro di 20 anni.
di Giuseppe Pace (Socio Onorario Circolo Ragno di Bojano).
Sempre è auspicabile una stampa libera dai condizionamenti dei partiti, delle lobbi, dei potentati vari. Ciò è necessario per informare da superpartes ciò che accade e per smascherare eventuali danni al cittadino onesto e laborioso nonché al sistema democratico. In Molise è più facile conoscersi e conoscere ciò che avviene per il limitato territorio poco abitato. Eppure i media locali non brillano di coraggio democratico se non di appartenenza partitocratica e come tali attaccano o difendono questo quel personaggio politico locale. Cosa da non condividere. Da tempo la cronaca bojanese evidenzia una crisi di instabilità politica permanente in Consiglio Comunale, che ha ratificato il passivo di bilancio o debito di alcune decine di milioni. Ad una crisi di non stabilità politica municipale, per uno o due voti, si aggiunge quella industriale della filiera avicola che in Monteverde di Bojano ha la sua roccaforte. Dagli anni Settanta nel territorio dell’alta valle del Biferno, con epicentro Bojano, si è insediata una agroindustria avicola con allevamento di polli in decine di capannoni gestiti dai contadini proprietari della terra. Poi dai circa 1000 dipendenti, tra i molti colletti bianchi e operai della catena di macellazione ed impacchettamento, si è passati a poco più di 2 centinaia e tutti in cassa integrazione. Adesso è giunto il colosso industriale romagnolo Amadori, che però stenta a partire e minaccia di assumere solo poche decine di operai e gli altri ad ore ed in forme precarie e saltuarie: insomma precarizzare gli operai per meglio “sfruttarli”? Sui media locali recenti si legge che ”Giancarlo D’Ilio sintetizza così la riunione che ha visto nella sede della Cgil una partecipazione anche più nutrita del previsto. La vertenza della filiera avicola va avanti da così tanto tempo che i primi ad essere stanchi di incontri e discussioni sono gli ex dipendenti della Solagrital, poi Gam. Oggi nel limbo: formalmente bacino da cui Amadori che ha rilevato incubatoio e macello dovrà attingere in prima battuta per il riavvio delle attività ma con il fondato timore di non passare alle dipendenze del colosso romagnolo (che assumerà 30 di loro a tempo determinato a inizio 2019 all’incubatoio mentre per il macello è tutto in alto mare) e di restare senza sostegno al reddito. La Gam, aggiunge Mario Izzi, è una partecipata di Palazzo Vitale: «La politica deve risolvere il problema ma non ha la volontà di farlo». Tutti e tre esprimono preoccupazione dopo aver visto i servizi e letto gli articoli della stampa abruzzese sugli investimenti annunciati da Amadori due giorni fa per potenziare i siti produttivi in quella regione, a partire dallo stabilimento di Mosciano Sant’Angelo. Ranaudo, che non risparmia critiche alle procedure fallimentari perché «non sono state in grado di mettere all’asta in tempi relativamente brevi i lotti» (il secondo lotto ancora invenduto e le interferenze strutturali col primo assegnato dal Tribunale di Campobasso a una società del gruppo Amadori sono fra le criticità che i romagnoli indicano come la causa del mancato avvio del progetto di ristrutturazione del macello), riflette che l’investimento da 36 milioni in Abruzzo oggettivamente «pone in difficoltà il sito di Bojano». D’Ilio ribadisce che è necessario riconvocare l’unità di crisi ministeriale «per capire bene cosa vuole fare Amadori qui in Molise». Izzi non dimentica che il colosso di Cesena si è aggiudicato i beni al termine di una guerra di rilanci con la Dasco di Roseto: «Un milione in più o in meno non cambiava molto ma tutelava 250 dipendenti. Amadori è un imprenditore serio, ma non dava garanzie per una ripartenza immediata L’altra azienda aveva proposto un milione in meno ma una ripartenza di lì a un anno e non solo sulla carta». E se nei confronti di Amadori tra le maestranze si registra tensione, proprio in queste ore – dopo settimane di silenzio – nell’ambiente della filiera avicola hanno ricominciato a circolare indiscrezioni sull’interesse del primo player italiano del settore, Aia, per la realizzazione di un incubatoio in Molise. Interesse che l’azienda ha dichiarato qualche mese fa al neo governatore Toma e che sarebbe confermato, secondo i bene informati. Dopo essersi guardati attorno per costruire un sito nell’area del Matese, ora invece la scelta sarebbe ricaduta sul basso Molise, forse nelle Piane di Larino. In base agli allevamenti che Aia ha già in regione, i numeri produttivi sarebbero elevati: si parla di un investimento da 16 milioni per realizzare un incubatoio in grado di trattare un milione di uova a settimana”. Insomma in Molise i soldi pubblici escono per fare spalla a imprenditori che provengono dal Veneto (vedi Grigolin) o dalla Romangna? I politici locali tradizionali cedono il passo a neoemergenti Grillini, che hanno intenzione di tagliare i fondi alla stampa con grida di sconcerto dei direttori di alcuni media locali”intruppati” dal vecchio sistema partitocratico a forte valenza di centrosinistra, ora di centrodestra. Tra pochi mesi si scende da 100 a 34 milioni e nel 2020, praticamente dopodomani, si cancella del tutto la dotazione – del fondo per il pluralismo ha guadagnato la ribalta social con qualche giorno di ritardo. Vito Crimi ha ‘diramato’ un lungo post condiviso anche da alcuni parlamentari molisani dei 5 Stelle, per esempio Rosalba Testamento. Il capogruppo pentastellato a Palazzo D’Aimmo ha pubblicato di prima mattina il suo pensiero su Facebook: «I giornali gravano sulle tasche degli italiani per 100 milioni di euro l’anno. È una cifra iperbolica, che potremmo investire per istruzione, sanità e tanto altro. Con il governo del cambiamento per il 2019 il contributo scenderà a 34 milioni, e nel 2020 sarà azzerato. Questa è una certezza, così come è certo che smetteremo di sovvenzionare un sistema marcio, con qualche eccezione, che non ha informato il Paese ma lo ha reso ostaggio della disinformazione”. Credo che i Pentastellati abbiano ragione perché il sistema informativo italiano e molisano in particolare è afflitto dal dare informazioni funzionali al sistema di potere regionale, provinciale e comunale, non è libero per informare i cittadini da un punto di vista superpartes, come la serietà giornalistica esigerebbe. Addirittura in Molise alcuni Comuni minano giornalisti dei media locali responsabili dell’informazione pubblica comunale e li pagano”profumatamente”s’intende! Ma leggiamo la voce di chi difende il vecchio sistema partitocratico molisano: ”È per questo che ogni giorno è buono per screditarci. Stateci accanto, facciamo rete e difendiamo la verità». Una premessa è necessaria: Primo Piano e, in generale, i quotidiani cartacei molisani attualmente in edicola non beneficiano di queste sovvenzioni. La decisione del governo Conte, però, mette in pericolo migliaia di posti di lavoro in Italia. Cancellando il fondo, moltissimi gli organi di informazione che chiuderanno o licenzieranno parte del personale. Greco afferma che si tagliano 100 milioni – leggasi 100 milioni in un quadro economico e finanziario per cui il suo governo vuole sforare il rapporto deficit/Pil aumentando il già pesantissimo debito pubblico – all’editoria per investire su istruzione e sanità. Che vuol dire? Che ai cronisti senza più lavoro arriveranno i medicinali gratis? Il dito puntato su «un sistema marcio», inoltre, riproduce in Molise l’editto del vicepremier Di Maio contro Repubblica e L’Espresso. A metà mattinata, in redazione erano state già tantissime le telefonate di solidarietà per i giornalisti e gli editori. Senza contare i messaggi che i cronisti di Primo Piano hanno ricevuto personalmente”. Il lettore attento nota una difesa ideologica della stampa, che è di parte. Ma anche il centro destra molisano fa quadrato con l’attuale posizione di opposizione governativa e soprattutto verso il consenso a due cifre dato molisani ai Pentastellati. Anche la politica ha preso posizione. Pubblicamente ieri lo hanno fatto Antonio Tedeschi, consigliere regionale di maggioranza (Popolari per l’Italia) e la coordinatrice molisana di Forza Italia Annaelsa Tartaglione. Per la deputata azzurra, oltre alla democrazia «in gioco c’è il futuro di tanti giovani giornalisti, che rischiano seriamente di perdere il lavoro. Da parte di un esponente 5s, movimento che si vanta di combattere la povertà e di essere sempre a favore degli ultimi, mi aspetterei quindi ben altre prese di posizione e piena collaborazione in difesa di quei ragazzi, precari dell’informazione, che con sacrifico e passione svolgono un mestiere appunto fondamentale per tutti noi». Dagli esponenti locali del Movimento, ha aggiunto, si aspetta «iniziative a favore della loro terra. Anche perché non tutti vorrebbero vivere di reddito di cittadinanza, anzi: questi figli del Sud (giornalisti e di altre professioni) vogliono crescere, lavorare e realizzarsi». Tartaglione ha ricordato, peraltro, la disposizione del Milleproroghe che rende legge dello Stato il nuovo riparto dei fondi nazionali alle tv locali che penalizza quelle delle piccole regioni come il Molise. Lo ha fatto pure Tedeschi, secondo cui le parole di Greco rappresentano «l’ennesimo schiaffo alle competenze, allo studio, alla democrazia». In sostanza, ha proseguito, quello dei Pentastellati è «un modo per tappare la bocca ai professionisti dell’informazione, in barba al principio della libertà di parola sancito dalla nostra Costituzione e lasciare spazio, invece, a social e blogger, youtuber e influencer, ritenuti dai grillini l’unico mezzo di comunicazione valido. Un sistema a senso unico, al quale dobbiamo opporci con forza, coinvolgendo editori, giornalisti e professionisti del comparto, che fanno informazione rispettando le regole, rispettando la deontologia, verificando le fonti». Infine, Tedeschi ha invitato i suoi colleghi – in particolare il coordinatore regionale della Lega Mazzuto – a fare fronte comune «per contrastare un metodo anti democratico e totalitario». Centrosinistra e centrodestra, Lega esclusa, fanno blocco unico per difendere l’attuale libertà di stampa o meglio di stampa di parte e non superpartes. Basta con i professionisti prezzolati dell’informazione che allontanano, con la retorica ed il bizantinismo informativo, i fatti e la realtà dai lettori. La forbice Nord-Sud si divarica ancora. La Commissione Parlamentare Antimafia ammoniva che il Molise non è un’isola felice, mentre il Magistrato, Giovanni Falcone precisava: ”Basta seguire i molti soldi e si scopre la presenza della mafia”. Il Mezzogiorno è afflitto da troppo tempo dei mali tipici di mafia, camorra, ndrangheta ecc. e lo Stato non pare che brilli nel prevenirli, né ben punirli anche se è continua la cronaca di arresti e inquisizioni. Il meridionalismo piagnone sta causando più danni della Camorra stessa poiché indica nel Settentrione le cause degli attuali mali meridionali, invece il meridionalismo non piagnone come quello di Carlo Maranelli (prof. di Economia anche a Campobasso ed autore della Questione Meridionale, Laterza Editore), F. Compagna, ecc. indica nella classe politica meridionale le responsabilità dei propri ritardi rispetto al Nord. Quando la seconda schiera di studiosi diventerà meno elitaria? Per ora impera la prima, purtroppo. La cosiddetta “Terra dei Fuochi” non fu voluta dal Nord ma dalla malavita locale con connessioni varie poiché nessuno sapeva né controllava l’evidente fenomeno. Ora si parla, invece, della necessità di un ente nazionale con dipendenti pubblici per lo smaltimento dei rifiuti tossici. Sono passati oltre 10 anni dalle prime condanne per occultamento di rifiuti tossici nella terra dei fuochi. Ma torniamo al Molise ed al Matese che ha diritto democratico di essere informato in modo superpartes dalla imperante partitocrazia, spesso antiquata e di seconda mano o rimasta indietro di 20 anni, che ancora pensa di sistemare le cose e sistemare i propri rampolli ed amici galoppini senza tener conto delle regole democratiche che esigono il premio alla meritocrazia e non all’appartenenza alle modalità di possibili mafie politiche. Se in Molise qualcosa funziona meglio della vicina Campania non è certamente il sistema mediatico, se quello locale poi si oppone al volere dei Pentastellati di abolire le sovvenzioni pubbliche alla Stampa, non fa, a mio parere, bella figura.