PIEDIMONTE MATESE. L’ambiente digitale per ridurre la burocrazia anche nel Sannio Alifano.

“Che dicono e fanno i consorziati che pagano l’acqua che consumano per irrigare i propri terreni. Sono bloccati dalla ”burocrazia” partitica?”.

di Giuseppe Pace

Tutti parlano della necessità di ridurre la burocrazia, anzi abolirla proprio secondo non pochi ingenui come i “miei” pastori d’origine matesina. Certo essa non esisteva allora e in montagna si poteva anche non vederla per come era ridotta al minimo. Oggi, invece, la burocrazia allontana il cittadino dalla res pubblica e incentiva un ambiente abitato da moderni sudditi. Già altre volte ho scritto su questo media ”Per l’ambiente del Sannio Alifano, ma non solo, la res publica, purtroppo, spesso è governata in non pochi dei comuni come scriveva l’alifano e sottoprefetto Pietro Farina, quasi un secolo fa. Egli riferiva al prefetto, suo superiore gerarchico, che nei comuni alifani il municipio era in mano a persone che lo governavano come cosa propria ed allontanavano i cittadini che volevano collaborare. Se fosse stato disonesto con se stesso e con gli altri avrebbe riferito che qua tutto è regolare e nulla si intravvede di irregolare. Invece, ancora oggi, in non pochi comuni le inchieste della Magistratura –terzo potere democratico- per corruzione (cioè rubare ai cittadini contribuenti) verso i neo-populares ma anche neo-optimates fioccano in primavera e nelle altre restanti stagioni”. Che bello pensare ed agire che il cittadino possa prima o poi fare ridurre i sudditi impauriti da possibili soprusi, ruberie, vendette, gelosie, ecc.. Un formidabile arma di pace gli va in aiuto: la tecnologia digitale, che se ben guidata e incentivata a scuola può essere molto utile. Essa potrebbe ridurre la burocrazia con l’essere informati prima, di agire o non agire, e ridurre il numero di sudditi anche dei politici politicanti vecchi e giovani soprattutto in ambiente del Mezzogiorno del mondo e dell’Italia. Ne deriva che non fa eccezione il Sannio e quello Alifano in special modo dove la burocrazia è endemica in pochi uffici pubblici. Prendiamo ad esempio il Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano, che questo media pone spesso sotto i riflettori, giustamente, della necessaria trasparenza e dunque critica democratica: ”Per lunedì 17 maggio prossimo l’attesa convocazione del Consiglio generale: vicina l’intesa sul nome del nuovo presidente. Atteso in città ad Alife Giovanni Zannini per “trovare la quadra” intorno all’altra maggioranza che, nel frattempo, si è venuta a creare in seno al Consorzio di Bonifica”. Insomma per capire se questo Ente sovracomunale e sovraprovinciale funziona bene dobbiamo prima vedere ed aspettare i tempi delle forze partitiche che intendono “piazzarvi”, a priori il Presidente. Siamo in ambiente d’America Latina oppure dell’Italia, uno dei più avanzati paesi del Nord del mondo? Che dicono e fanno i consorziati che pagano l’acqua che consumano per irrigare i propri terreni. Sono bloccati dalla ”burocrazia” partitica? Eppure i partiti sono il sale della Democrazia perché portano idealità ed interessi diversificati della società che rappresenterebbero! Pare che i consorziati della piana alifana, telesina, ecc.  subiscano decisioni preconfezionate del partito x oppure y senza poter incidere con la maggioranza dei loro voti rispetto alla minoranza dei delegati degli Enti Locali pubblici. Se così fosse, staremmo ancora peggio del tempo scandito dal sottoprefetto Pietro Farina che viveva ad Alife, e che gli alifani, riconoscenti, gli hanno dedicato una dedica posta vicino casa sua. Ritengo che la tecnologia digitale possa aiutare non poco l’evoluzione democratica e liberale della res publica anche del Sannio Alifano. L’ambiente che viviamo da circa da 30 anni è quello della quarta rivoluzione industriale o della tecnologia digitale. Le altre tre precedenti sono state: il neolitico (con l’addomesticamento degli animale, l’agricoltura e la vita stanziale); l’avvento del motore (con l’economia industriale a partire dalla Gran Bretagna del 1600); l’uso dell’elettricità di fine 1800, fino all’informatica ed ultimo la digitalizzazione della vita privata e pubblica. Le trasformazione digitale delle relazioni umane è iniziata molti anni fa, e non è nata con i sistemi di messaggistica istantanea. Essa è figlia del link o, meglio, hyperlink. Quest’ultima applicazione digitale si può anche ritenere tra le invenzioni più importanti del secolo scorso e, tutto sommato, ha origine da un’idea semplice: io sono qua e con un clic vado là. Hyperlink sta per collegamento ipertestuale o speciale rimando contenuto all’interno di unipertesto, come quelli nel world wide web Se dunque il link sta per collegamento ad un file Had-link sta per collegamento fisico o l’associazione di un file al suo contenuto. Symlink, invece, sta per collegamento simbolico o un file che è semplicemente un rimando ad un altro file. All’inizio, il link collegava dei documenti ipertestuali, ma ben presto ha iniziato a collegare persone non solo per informazioni utili, ma pure per altro come per i sentimenti e le emozioni. Basta aprire un qualsiasi social network per (ri) scoprire quanto sia ancora attuale e rivoluzionario il link, che in informatica, sta per collegamento tra l’elaboratore centrale e le sue unità periferiche, o tra elaboratori diversi. In un ipertesto, parola o immagine appositamente designata che, quando viene selezionata, determina l’accesso del browser a una nuova pagina web. Gli amici sono dei link, il curriculum è un link, sono link le foto postate su instagram e le ricerche che si fanno per capire, sempre restando confinati alle relazioni umane, le caratteristiche di persona, chi è, cosa fa, di cosa si occupa. Spesso si sente dire che il curriculum inviato non è sincero poiché puoi scrivere di tutto e di più. Se quanto vantato poi non corrisponde a verità e magari il concorso o l’assunzione curriculare è avvenuta? C’è sempre il periodo di prova si potrebbe ipotizzare. Spesso dunque la reputazione e la vita privata di una persona sono di fatto affidate ai link, che hanno soppiantato totalmente il ruolo millenario delle vicine di casa o meglio le comari di paese. Io sono qua e vado là, a vedere, senza che si sappia, chi è quella persona che ha suscitato il mio interesse. Vale per una selezione lavorativa o per una selezione sentimentale. Senza guardare negli occhi per vedere dentro. Senza ascoltare come cambiano la voce e l’espressione del viso al suono secco di una domanda. Senza possibilità di capire, dalla gestualità del corpo, le reazioni involontarie, quelle che non si possono nascondere dietro alle parole. Datemi un link e vi sovvertirò il mondo, avrebbe affermato Archimede, se ne fosse stato lui l’inventore. E le informazioni superficiali che si possono avere dai link sono molte: gli interessi, gli hobby, il lavoro, la partecipazione alla vita sociale, la situazione sentimentale… perfino le opinioni sui valori e sulla morale. Alcuni media casertani riportano:”Se gli scambi virtuali tra due persone stanno dimostrando ampiamente le difficoltà relazionali di questa e delle future generazioni, gli scambi di gruppo denotano dei disagi ben più importanti, che rafforzano l’impressione espressa da Umberto Eco qualche anno fa, ovvero che internet ha dato diritto di parola a legioni di imbecilli”. Eco, a mio giudizio di lettore e visore del film: ”Il nome della rosa”, non scherzava affatto quando creava deserto attorno alla fede e faceva bruciare i libri dei conservatori perché credeva di essere un democratico, magari di partito. Era dunque un console romano dei populares non degli optimates o conservatori. Direi che la tecnologia informatica e digitale dà più vantaggi che danni, che comunque non mancano, ma questi ultimi sono sempre indice di ignoranza o analfabetismo di ritorno. Nei comuni del Sannio Alifano lo smart working potrebbe permettere a molti bravi con il digitale di non migrare più, di produrre sul posto e vendere le proprie capacità anche molto lontano. Con l’attuale rivoluzione digitale e dello smart working i cambiamenti locali e globali sono sorprendenti.Lo smart working, mediante il suo approccio lavorativo telematico, va ad impattare su diversi attori economici. In particolare esso modificherà la vita dei lavoratori,  delle aziende, del sistema economico locale e globale. Ma qual è il suo impatto sul futuro a livello macroeconomico globale oltre allo sconvolgimento economico generato dallo smart working localmente? Si prevede, per quanto possibile, come i cambiamenti che inevitabilmente lo smart working porta con sé possano modificare le economie nazionali e quali problemi o crisi potrebbero manifestarsi. Ma già siamo sul treno rapido dell’innovazione globale, anche se non pochi non lo vogliono ancora vedere. Si va anche ad anticipare quelle che potrebbero essere le plausibili contromosse a livello politico e di gestione sovranazionali, fino a giungere a quella che alla fine, con buona probabilità, sarà la soluzione finale che permetterà di ritornare all’equilibrio economico. Sarà notevole lo sconvolgimento con l’introduzione  della digital economy , che sconvolgerà anche gli equilibri economici nazionali ed internazionali. Non a caso gli esperti dicono che si sta entrando nel pieno della IV rivoluzione industriale che avrà lo stesso impatto che ebbe l’introduzione della corrente elettrica. Per l’ambiente di Napoli ed ampio dintorni, la digitalizzazione è ancora non ottimale ed è ora di dinamizzare l’innovazione in modo che tutti possano applicare la innegabile creatività napoletana a cercare nuovi lavori a distanza, senza più fare la fila per un posto comunale, provinciale, regionale, oppure di operatore scolastico, infermiere, assistente tecnico, poliziotto, eccetera, eccetera. Andando nell’ambiente non troppo locale della Transumanza orizzontale e verticale, che non era solo italiana, come ha riconosciuto l’Unesco. Essa contempla migliaia di anni come ho verificato girando per il mondo argentino, statunitense, africano, asiatico e romeno, dove ad Alba Iulia vi è un museo degli Appuli e della transumanza tra la Dacia e l’Apulia pugliese. Un paese non basta, scrisse un noto saggista ebreo, perché ogni mondo è paese, ma questo paese, X e non solo, è unico al mondo! Quando qualche amico mi chiede la mie origini, rispondo sempre così: ”sono pastorali, non contadine come circa il 90% degli italiani prima della Grande Guerra e nel Mezzogiorno anche subito dopo la seconda guerra mondiale”. Poi mi dilungo nel dire che, secondo noti studiosi, i contadini sono tendenzialmente monarchici perché legati alla tradizione, mentre i pastori sono ancora da esaminare perché pare che un solo studioso, abruzzese protagonista del novecento, li abbia considerati nella poesia transumante. La Transumanza è il fenomeno ambientale che per millenni ha interessato molti ambienti del pianeta Terra con tantissimi ovini, un po’ meno di bovini ed equini e caprini. Questi animali, utili all’economia umana, dal territorio locale di Letino, del Matese e dall’Abruzzo ad esempio, venivano condotti dai pastori associatisi per la circostanza, alla Puglia. Migravano il 5-10 ottobre dai freddi monti al caldo di pianura e ritornavano il 5 maggio. Tale fenomeno era globale ed è ancora presente, sia pure molto limitato, in territori delle Alpi, Pirenei, Urali, Carpazi, Himalaya, Ande, ecc.. Con la poesia “I pastori” di G. D’Annunzio, la memoria della Transumanza ha valore poetico emblematico universale: “Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natia rimanga ne’ cuori esuli a conforto che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d’avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh’esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l’aria. Il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciaquìo, calpestìo, dolci rumori. Ah, perché non son io co’ miei pastori?”. Il moderno pastore transumante non ha più armenti da condurre secondo le stagioni, ma ha uno o più strumenti digitali che usa e governa bene come era capace di fare con gli ovini in particolare, che gli assicuravano una vita decorosa, senza dipendenze da beni, che riteneva superflui.

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