LETINO / GALLO MATESE / SAN GREGORIO MATESE. Patrimonio dell’Umanità anche i muri a secco di monte Cila e dell’intero Sannio.

Anche a San Gregorio Matese, Gallo Matese, Fontegreca, Capriati al Volturno e Ciorlano non mancano significati muri a secco e così a Prata S. e a Pratella nonché all’ex Valle di Prata o Valle Agricola, Ailano, Raviscanina, Sant’Angelo d’Alife, Castello Matese, San Potito S., ecc.

di Giuseppe Pace

Da poco tempo i muri a secco sono andati a finire sotto la lente d’ingrandimento dell’Unesco e sono candidati ad essere dichiarati Patrimonio dell’Umanità. L’organismo della cultura internazionale ha considerato l’Arte dei muretti a secco nella lista degli elementi immateriali. Candidatura presentata da otto Paesi, tra cui l’Italia. Se anche le mura megalitiche del Cila del Sannio Alifano, insieme ad Altre mura a secco verranno considerate dall’Unesco, costituiranno pur sempre punti di attrazione turistica necessari per fare crescere il reddito dei residenti. Il sistema a terrazzamento dei terreni agricoli collinari e montuosi del Sannio sono ancora tanti e quelli di monte Cila sono emblematici per la coltivazione delle tantissime piante d’ulivo. Le cinte murarie di oltre 2 millenni sono evidenti a molti e costituiscono oggetto di numerosi studi, tra gli ultimi quelli dei cultori di Archeologia dell’Associazione Cuore Sannita con Michele Tacchetti ed altri oltre al Presidente Giuseppe d’Abbraccio. La tecnica di fabbricazione dei muretti a secco è stata inserita nella lista del Patrimonio mondiale immateriale dell’umanità dell’UNESCO. Lo ha annunciato l’organizzazione in un post sul profilo Twitter congratulandosi con gli 8 Paesi europei che avevano presentato congiuntamente la candidatura: Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Si tratta di uno dei primi esempi di manifattura umana ed è presente in tutte le culture del pianeta. Viene adottato per fini abitativi ma anche agricoli, come per i terrazzamenti dei pendii scoscesi. La lista del Patrimonio mondiale immateriale non si basa su criteri di esclusività ma vuole valorizzare le attività delle comunità. Comprende ad oggi 409 elementi, 10 dei quali aggiunti nel 2018. Se non ci sono le mura dell’antica Alife del Cila si deve inserirle, possibilmente. Anche a Bojano, a nord del Matese, vi sono mura megalitiche ad iniziare da quelle delle numerose porte di Bovianum Vetus nonché le misure di capacità in piazza Roma accanto al Corso dei Pentri per non ribadire quelle di Altilia, città romana a nord ed in piano dell’antica, montuoso e sannitica Terravecchia, fortezza appollaiata in alto per scrutare l’alta valle del Tammaro e del Biferno. In tutti i paesetti del Matese i muri a secco erano costantemente ristrutturali dagli agricoltori e pastori fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. A Letino ad esempio muri a secco erano alle Cese, alle Valli, alle Secine, ecc.. Anche a San Gregorio Matese, Gallo Matese, Fontegreca, Capriati al Volturno e Ciorlano non mancano significati muri a secco e così a Prata S. e a Pratella nonché all’ex Valle di Prata o Valle Agricola, Ailano, Raviscanina, Sant’Angelo d’Alife, Castello Matese, San Potito S., ecc.. Una rivalutazione di quelle più significative della storia territoriale non sarebbe cosa vana.

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  1. Novembre 30, 10:38 FILIBERTO SASSO

    Ma dico, le testimonianze storiche di Alife non le vede nessuno ??Si parla delle mura MEGALITICHE DEL CILA di mt.20 circa, di alcuni muri a secco di alcune zone. La costa di S. Michele in Alife è Piena di queste costruzioni (che si richiamano con meraviglia esistenti nei vari comuni riportati), delimitano anche vecchi tratturi da almeni 2.000 anni e forse di più, da quanto servivano ai pastori SANNITI per gli spostamenti Ed anche agli ITALICI che vivevano in ZONA. Queste cose non sono sognate da campanilisti, ma sono testimoniate dalle necropoli del IV, V, e VI sec. A.C in loc.tà Croce di S. Maria e da quella di Conca D’oro. Ho letto giorni fa’ di pulizie fatte ad importanti resti storici , e questo fa onore e da’ gioia, ma certamente ci sono luoghi anche (e certamente più) importanti di “una postazione o luogo di osservazione di circa mt. 20,00” che non richiama la stessa attenzione . Agli studiosi di storia , cultori, appassionati ed altri ,un invito, non guardiamo il nostro territorio con i paraocchi, ne perdiamo di importanza tutti e magari trascuriamo la fonte della civiltà dell’area, da dove deve iniziare il racconto delle nostre radici. Non si può parlare del ramo senza conoscere la storia dell’albero e del terreno su cui è nato. Con questo non si vogliono mininizzare le opere nei comuni menzionati dall’articolista che sono senza dubbio da tenere presenti e importanti, ma non dimenticare le stesse opere negli altri comuni e magari opere e testimonianze ancora più interessanti. Scusate tanto ,forse sono stato inopportuno è solo un punto di visto spontaneo

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