PIEDIMONTE MATESE / CAPUA. Verso le Politiche di primavera: chi si candida e con chi. Tutti i nomi, partito per partito: Sarro, Rossi, Zinzi, Zannino, Oliviero, Sgambato, De Girolamo, Esposito, Moronese, Andropoli, Riccio, Cerchia…
Il voto sarà espresso su una sola scheda e sarà vietato il voto disgiunto, ovvero la possibilità di votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nella parte proporzionale.
Con il nuovo Rosatellum sarà individuato un collegio uninominale ogni 300mila abitanti per l’elezione alla Camera ed uno ogni milione di abitanti per il Senato. Questo significa che, in Provincia di Caserta ci saranno 3 collegi per la Camera e uno per il Senato. I collegi camerali coincidono più o meno con i vecchi collegi senatoriali: il collegio di Caserta con Maddaloni, la Valle di Suéssola, Marcianise e la nazionale Appia sino a Casapulla, quello di Aversa con il capoluogo normanno e tutti i Comuni dell’agro aversano e, quello di Capua/Piedimonte Matese con Santa Maria Capua Vetere, il sidicino e la zona costiera (Sessa Aurunca). Il collegio senatoriale, invece, coincide con tutta la Provincia di Caserta. E già si fanno i primi nomi, soprattutto dei “forestieri”, pronti ad accaparrarsi gli ambiti posti disponibili in Terra di Lavoro. A cominciare dall’ex ministro di Forza Italia, la sannita Nunzia De Girolamo: rapporti mai idilliaci col sindaco di Benevento Clemente Mastella la spingono a scegliere il casertano per essere riconfermata in parlamento. Come pure la napoletana, anch’ella ex ministro, Mara Carfagna, attuale consigliera comunale a Napoli, che dovrebbe essere proprio la capolista di Forza Italia in tutti e 5 i collegi bloccati (quelli in cui non votiamo) della Regione, uno per ogni provincia della Campania. Ma se i “forestieri” arrivano, i casertani se ne vanno. La senatrice originaria di Piedimonte Matese, diplomatasi proprio nel vecchio ex ITC “Vincenzo De Franchis”, Maria Rosaria Rossi,braccio destro di Silvio Berlusconi anche se eletta nel 2013 in Lazio, dovrebbe essere candidata in un listino proporzionale (quindi bloccato, certa dell’elezione) del centro Nord Italia. Nel Pd, invece, chi potrebbe essere candidato a danno dei casertani è il “forestiero” attauale commissario Franco Mirabelli che, dopo la disfatta di Carlo Marino alle elezioni provinciali ha annunciato che vuole restare in Terra di Lavoro, non si capisce però a fare cosa. Al Senato c’è l’uscente Rosaria Capacchione del Pd, giornalista del napoletano catapultata anch’ella nel casertano, ma come pure la sannicolese Lucia Esposito, la senatrice M5S Wilma Moronese, il neo presidente nazionale dei Biologi Vincenzo D’Anna: tutti insomma uscenti dello stesso collegio che attendono “istruzioni”. Per la Camera, invece, l’uscente di Caserta e Giovanna Petrenga, forzista ex fedelissima di Cosentino, che potrebbe essere riconfermata nel listino bloccato del centrodestra. Nel Pd c’è la sammaritana Camilla Sgambato, moglie del noto penalista Peppe Stellato, in Forza Italia l’avvocato amministrativista Carlo Sarro, entrambi uscenti del collegio di Capua/Piedimonte (ora allargato fino a S.Maria C.V. e Sessa Aurunca). Qui si potrebbere verificare questa ipotesi: l’avvocato, già sindaco di Piedimonte Matese, potrebbe essere riproposto nel listino bloccato (certo dell’elezione) mentre la deputata Pd sarebbe pronta a giocarsi il posto nel collegio uninominale (Piedimonte/Capua/S.Maria/Sessa), oppure anche al Senato, in virtù di un (non tanto segreto) accordo che vedrebbe il consigliere regionale Stefano Graziano candidato del listino bloccato del collegio aversano. Il vicecoordinatore regionale Massimo Grimaldi, ex socialista, ora forzista, sarebbe tentato per il Senato; stessa tentazione per il presidente della commissione Ambiente della Regione campania, Gennaro Oliviero da Sessa Aurunca, che molto ha voluto “seminare” anche nel Matese negli ultimi mesi. Il collegio camerale di Aversa, tanto uninominale quanto quello bloccato, potrebbe essere l’ideale per il dirigente nazionale di Fratelli d’Italia Gimmi Cangiano. Ma quale scelta farà il coordinatore provinciale Forza Italia, Gianpiero Zinzi? Da plurivotato (oltre 22mila preferenze) consigliere regionale, sia pure ora di minoranza, sceglierà di candidarsi al Parlamento? Lui sarebbe competitivo sia nel collegio aversano che su quello casertano, anche se in quello di Piedimonte/Capua alle ultime regionali ha raccolto più voti (segno che qui, nel Matese, ha molti estimatori). Sul collegio di Caserta/Marcianise, la novità potrebbe essere rappresentata anche da Lucrezia Cicia, seconda più votata in Forza Italia alle regionali del 2015 che, comunque, scatterebbe in Consiglio regionale qualora Gianpiero Zinzi si candidi e venga eletto. Ambisce ad un posto nel collegio Piedimonte/Capua/S.Maria/Sessa anche l’altro consigliere regionale, ma di maggioranza, Luigi Bosco da Casapulla, che molto ha “seminato” con il suo movimento “Campania Libera“. Non è da meno l’ex primo cittadino di Capua, Carmine Antropoli, “estimatore” proprio della Cicia, che sempre nel collegio Piedimonte/Capua andrebbe a collocarsi n maniera naturale. Ad affollare il collegio Piedimonte/Capua potrebbe scendere anche il professor Gianni Cerchia, coordinatore provinciale di Mdp, stimato dal duo D’Alema / Bersani, che lo vedrebbero anche nel listino bloccato pur di portarlo a Roma. Idea anche per il coordinatore provinciale di Centro democratico, Pino Riccio, ma qui bisogna prima un attimo capire cosa starà combinando a livello nazionale in tema di alleanze il leader del partito, Bruno Tabacci. Con Alternativa popolare potrebbe essere proposto Giovanni Zannini, consigliere regionale, che ha fatto un figurone con la sua lista dei “Moderati” alle elezioni ultime in Provincia: sarebbe pressato dal sottosegretario Gioacchino Alfano che vorrebbe proporlo come nome forte al Ministro Angelino Alfano.
ECCO SPIEGATO IL ROSATELLUM
La nuova legge elettorale con cui (probabilmente a marzo 2018) andremo a votare sarà il Rosatellum (bis) che sostituisce il precedente Italicum modificato dalla Corte Costituzionale alla Camera e il Consultellum per il Senato. La legge è stata approvata con i voti favorevoli del Pd, Forza Italia, Lega e Alternativa Popolare ma osteggiato anche da M5S e dalle sinistre. Si tratta di un sistema misto proporzionale e maggioritario, in cui un terzo di deputati e senatori (il 36%) è eletto in collegi uninominali, con un solo candidato per coalizione (il più votato è eletto) ed i restanti due terzi (64%) sono eletti in base a listini bloccati. I seggi sono distribuiti in questo modo: alla Camera i 630 posti disponibili saranno assegnati per il 36% (quindi 232 deputati) da collegi uninominali (6 collegi per il Trentino Alto Adige, 2 per il Molise ed 1 per la Val d’Aosta), in cui l’elettore riceverà una sola scheda ed avrà diritto di scegliere il candidato che rappresenterà l’intera coalizione (ma con nomi già stampati su di essa: è eletto il candidato che ottiene più voti, anche uno solo in più), e 386 deputati da assorbire invece dai listini bloccati scelti dai partiti, in cui l’elettore non può “metter becco” ma solo guardare un elenco già “bell’ e fatto” (saranno distribuiti in circa 65 piccoli collegi plurinominali), e per completare i 630 scranni alla Camera si sceglieranno 12 parlamentari nella circoscrizione estero; al Senato i 315 seggi si divideranno sempre al 36%, quindi 109, in collegi uninominali, in cui l’elettore sceglierà quello che desidera, ma i restanti 200 saranno collocati in listini bloccati, anche in questo caso scelti dai partiti, e distribuiti in piccoli collegi plurinominali dove l’elettore non sceglie ma legge l’elenco già affisso in manifesto; gli ultimi 6 senatori arriveranno dalla circoscrizione estero. Esiste una doppia soglia di sbarramento: nella quota proporzionale è fissata al 3% (per i partiti) su base nazionale, sia al Senato che alla Camera, ed una soglia minima del 10% per le coalizioni (all’interno del quale però almeno una lista deve aver superato il 3%). Un candidato di un partito può anche essere escluso dal riparto dei seggi perché non raggiunge il 3% ma viene comunque eletto nel maggioritario e manterrà il suo seggio. Il Rosatellum prevede che la ripartizione dei seggi tra le liste alla Camera sia effettuata su base nazionale mentre al Senato solo regionale, quindi meno dipendente dal totale nazionale dei voti, fermo restando che le soglie del 3% e del 10% si calcoleranno su base nazionale. Il territorio nazionale sarà diviso in collegi plurinominali (quelli cioè con nomi bloccati), formati dall’accorpamento dei vecchi collegi uninominali, ed ogni collegio porterà a Roma al massimo 8 deputati, a seconda della Regione. Una legge, insomma, che spinge per le coalizioni, con un gruppo di liste che possono sostenere un singolo candidato nell’uninominale (come nel vecchio Mattarellum), ma correre per sé nel proporzionale (dato che la costituzione non prevede il vincolo di mandato e dà alle Camere autonomia, i partiti coalizzati possono sciogliere l’alleanza in qualsiasi momento). Novità rilevante è che il voto sarà espresso su una sola scheda e sarà vietato il voto disgiunto, ovvero la possibilità di votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nella parte proporzionale.