PIEDIMONTE MATESE. La metafora italiana del Concorsone: il dipartimento Funzione Pubblica mette la parola fine al megaconcorso Ripam.

Il punto con Sonia Palmeri, ex assessore al Lavoro e alle Risorse Umane della Regione Campania e attuale Hr manager dell’agenzia del lavoro Generazione Vincente.

di Alessandro Battaglia Parodi

La cronaca relativa al corso-concorso Ripam e la contrapposizione tra il Governatore De Luca e il Ministero del Lavoro hanno recentemente animato il dibattito pubblico sul tema dei concorsi pubblici. Ricostruiamo la vicenda insieme a Sonia Palmeri, ex assessore al Lavoro e alle Risorse Umane della Regione Campania.

Poche settimane fa, con una lettera del Ministro Brunetta pubblicata sul quotidiano Il Mattino di Napoli e un comunicato stampa, il dipartimento della Funzione Pubblica ha messo la parola fine alla questione del megaconcorso Ripam e ha deciso di concludere una volta per tutte la procedura tanto discussa. Ci sarà quindi un test scritto, l’aver partecipato ai corsi non dà ovviamente diritto al posto. Ne parliamo con Sonia Palmeri, ex assessore al Lavoro e alle Risorse Umane della Regione Campania e attuale Hr manager dell’agenzia del lavoro Generazione Vincente.

Non le chiedo chi ha ragione, ma che cosa non ha funzionato a suo parere nel flusso della comunicazione istituzionale tra Ministero e Regione. Anche perché quanto successo non deve creare un procedente per altri futuri concorsi pubblici.
«Bisogna sottolineare che in Regione Campania non si svolgevano nuovi concorsi da oltre 20 anni e nel 2017 la prima giunta De Luca, in cui ricoprivo anche il ruolo di Assessore alle Risorse Umane oltre che al Lavoro, decise di dare una forte spinta alla rivitalizzazione e ammodernamento della macchina amministrativa anche in considerazione dell’età media dei dipendenti che andava oltre i 55 anni e dei vuoti in organico che si stavano creando e che sarebbero aumenti negli anni seguenti anche, per effetto della riforma introdotta dal governo gialloverde con l’introduzione della cosiddetta “quota 100”. Progettammo quindi un imponente concorso ribattezzato “concorsone per 10mila posti” sulla base di dati Inps che segnalavano l’esigenza di oltre 15mila posti scoperti nel comparto pubblico in Campania nel triennio successivo. Bisogna tenere conto che in quel periodo parlare di assunzione nel pubblico impiego suonava ancora come una sorta di bestemmia in quanto i colletti bianchi erano percepiti come “i fannulloni” oppure i “furbetti del cartellino”. Noi andammo in controtendenza, perché avvertimmo forte e chiara la necessità di avere una pubblica amministrazione che fosse in grado di garantire ai cittadini servizi al passo con i tempi e nuove professionalità. Quindi meno timbri e più progettazione europea. Meno impiegati amministrativi e più informatici e programmatori o esperti culturali. Nacque così il corso-concorso Ripam con la collaborazione del Ministero della Funzione Pubblica e del Formez, struttura che abbiamo contribuito fortemente a mantenere in Campania, dopo la scelta commissariale di chiudere la sede di Pozzuoli e trasferire i dipendenti a Roma».

Si parlava di numeri stratosferici…
«Sì, ben 303.965 partecipanti e 9.016 candidati ammessi alla prova scritta per la partecipazione al corso. I primi 3.463 risultati idonei che hanno iniziato il piano di formazione e rafforzamento il 29 luglio 2020. Al concorso hanno aderito circa 150 enti sui 500 presenti in Campania. Enti fortemente a corto di personale, che contavano di rimpinguare gli organici con un percorso di selezione che è apparso, fin da subito, organico e ben strutturato. Poi è arrivata la pandemia che ha stravolto i tempi. Sono passati altri due Governi ed è diventato Ministro della Funzione pubblica di nuovo Brunetta. Il primo provvedimento è stato quello di semplificare al massimo tutte le procedure concorsuali per la necessità di avere una Pubblica amministrazione formata da giovani ed esperti in grado di fare fronte a tutte le incombenze e ai tempi stretti dettati da Pnrr. Risultato? Si è letto di incomprensioni tra la Regione Campania e il Ministro Brunetta. Come superare l’impasse per un concorso già partito da tempo e ormai arrivato alla fase conclusiva e come rispettare il vincolo posto dall’art. 97 della Costituzione secondo cui agli impieghi nelle Pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso? La soluzione di buon senso, andando ad agire su una procedura concorsuale già bandita e ormai giunta alle fasi finali, è quella di prevedere un’unica prova finale scritta, magari sulla base di test a risposta multipla, che abbraccino tutte le materie in programma e che tengano conto dei risultati raggiunti nel periodo di tirocinio retribuito. Credo che su questa base si possa tranquillamente raggiungere l’accordo fra De Luca e Brunetta con la benedizione dell’art. 97».

Un altro grande tema di dibattito è quello relativo alla riforma dell’Anpal e, a cascata, quello dei Centri per l’impiego e l’implementazione dei Contratti di ricollocazione. Quali ostacoli non hanno consentito di focalizzare subito, e poi attuare, gli obiettivi?
«Su Anpal mi vien da dire “tanto tuonò che piovve!”. Se è vero che l’Agenzia fu varata in un periodo storico in cui si delineava la volontà politica di riportare sotto un unico soggetto programmatore le misure di politica attiva per il lavoro, è pur vero che ha visto fin da subito la competenza concorrente venutasi a creare fra Regioni e Stato centrale, in tema di politiche per il lavoro. Politiche attive quindi diverse Regione per Regione, in previsione di un riordino di competenze che sarebbe dovuto avvenire con il referendum costituzionale del dicembre del 2016, che in seguito non passò. In buona sostanza una fuga in avanti azzardata, con l’Agenzia Nazionale per le politiche al lavoro rimasta fino a oggi come una testa senza corpo e senza alcun collegamento stretto e sinergico con le politiche del lavoro delle varie Regioni. Non una strategia di attacco alla disoccupazione, non politiche di reinserimento agganciate a un sistema di ammortizzatori che esige un radicale rinnovamento. Un presidente “pescato” oltreoceano e proveniente da una realtà completamente differente da quella italiana (il Mississippi con i suoi scarsi 3 milioni di abitanti – meno di Napoli e provincia) e con un consiglio di amministrazione sostanzialmente debole ne hanno decretato il fallimento».

Ma non siamo un po’ troppo in ritardo per mettere mano al tema dei Centri per l’impiego?
«Oggi il nuovo Ministro Orlando punta a modificarne la governance con la nomina di un Commissario e la previsione, a breve, di ricondurlo all’interno della struttura del Ministero del Lavoro trasformandolo in una Divisione ad hoc. Resta però in piedi il problema di fondo: come assicurare l’omogeneità e l’efficacia delle politiche attive al lavoro su tutto il territorio nazionale. Specie a partire dal 1° luglio, quando tutti gli istituti di ricerca annunciano migliaia di licenziamenti? Programmazione rigorosa delle risorse del Pnrr, modelli organizzativi nuovi, potenziamento dei Centri per l’Impiego, adozione delle migliori prassi seguite nelle varie Regioni. Su questo la Campania negli ultimi 5 anni è stata decisamente all’avanguardia, mettendo in campo misure di politica attiva che hanno permesso a oltre 40 mila giovani con Garanzia Giovani di trovare un’opportunità occupazionale e a coloro che erano fuoriusciti dai processi produttivi di agevolare il reinserimento occupazionale, dopo un solido periodo formativo. Centrali nelle politiche attive al lavoro sono state anche le misure di inclusione delle categorie protette, su cui la Campania si è particolarmente distinta. Su ciascun provvedimento i Centri per l’impiego divengono essenziali e i passaggi amministrativi che li hanno coinvolti mirano proprio a una completa rivisitazione degli obiettivi e della mission, con un coinvolgimento personale e professionale tale da portarli a divenire degli Opportunity center. Si è passati da un regime di inefficace “avvalimento”, cioè le Regioni si avvalevano delle prestazioni dei dipendenti dei Cpi che erano dipendenti delle vecchie Province, al passaggio nei ruoli della Giunta Regionale. Anche qui siamo stati primi in assoluto in Italia. Il 1° giugno 2018 il traghettamento era compiuto e sono pian piano passati, attraverso queste antenne del lavoro disseminate sul territorio, sia i progetti di formazione che le misure di auto imprenditorialità che le misure di sostegno alle imprese. Abbiamo varato fra i primi in Italia il nuovo concorso per i Centri per l’impiego e a breve entreranno in servizio 641 nuovi assunti. Abbiamo puntato su profili più innovativi rispetto al classico operatore dei Cpi: più informatici, più orientatori, più comunicatori. Abbiamo perfino creato la nuova figura del “Mediatore per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità” unica in Italia e di cui vado fiera. Poi attraverso un sofisticato sistema di geolocalizzazione abbiamo irrobustito la rete dei presidi del lavoro sul territorio e abbiamo aperto gli Spazio Lavoro, uffici sistemati nei maggiori agglomerati industriali della Regione, il primo è stato aperto al Cis Interporto di Nola, in modo da essere vicino alle imprese e poter immediatamente rispondere alla ricerca di personale proveniente dai settori produttivi».

E in prospettiva la collaborazione tra pubblico e privato sarà più attiva?
«In prospettiva c’era la creazione delle Case del Welfare mettendo fisicamente insieme uffici dell’Inps, Inail, Ispettorato del Lavoro e Nuovi Cpi per rispondere a tutte le esigenze dei cittadini. Un sogno? No, una progettualità chiara e concreta che interpreta ciò che al mercato del lavoro occorre: un sistema di rete tra operatori pubblici e privati che funzioni, una vicinanza maggiore al mondo delle imprese, garantendo incentivi non solo per le assunzioni ma anche per la formazione e la qualificazione. Troppo spesso le aziende si lamentano dello skill shortage, ossia la mancanza di profili qualificati per i nuovi processi produttivi e gestionali, e troppo spesso si tralascia la formazione per le nuove professioni. Temi che gridano vendetta e su cui ci si deve concretamente soffermare per lavorare al futuro delle nuove generazioni. Le quali leggeranno con curiosità sui libri di storia del reddito di cittadinanza e di navigator».

Stampa
comment Nessun commento

Sii il primo a lasciare un commento alla notizia

mode_editLascia un commento

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.

menu
menu