Rifiuti e pericoli anche intorno al Matese.

Ad Alife, non è del tutto scartato un altro sito di rifiuti o megadigestore, mentre a Caserta viene firmato un protocollo che in sintesi prevede l’utilizzo dell’esercito e più controlli…

di Giuseppe Pace (Tecnico di Ecologia al Tribunale di Padova).

A Sassinoro si discute animatamente del pericolo della megadiscarica dei rifiuti con un’altra non lontano nel beneventano, ma sempre intorno al Matese. A sud del Matese , ad Alife, non è del tutto scartato un altro sito di rifiuti o megadigestore, mentre a Caserta viene firmato un protocollo che in sintesi prevede l’utilizzo dell’esercito e più controlli per combattere la produzione industriale in nero dei rifiuti tossici dati alle fiamme, il problema viene solo rinviato e non risolto affatto. Per i 5Stelle il problema dei rifiuti urbani con l’utilizzo della scorta armata dell’esercito e la vigilanza nei siti di stoccaggio. Intanto 5 milioni di tonnellate di eco balle nella Terra dei Fuochi aspettano non di essere incenerite in loco ma di essere portate addirittura in Portogallo. Salvini, contestato a Caserta, firma il protocollo d’intesa e “fugge”, forse intendeva avvisare Di Maio e gli altri campani che son fatti di casa vostra adesso in cambio datemi il decreto sicurezza. Il ministro del lavoro fa quasi l’ecologo e afferma: “Chiederemo ai medici di base e avvieremo le bonifiche prima dove ci sono più morti per tumore”, come a dire chiudiamo le porte ora che sono scappate le vacche in attesa che le altre muoiano soffocate dai fumi tossici delle stalle chiuse. Ed intanto la Campania si va desertificando con sempre più persone che scappano via da un ambiente sociale non sicuro. Gli inceneritori di Salvini intanto avrebbero risolto molti problemi e non rinviato il tutto in modo che nulla cambi. Certo gli inceneritori delle ultime generazioni assicurano più prevenzione ambientale, fatta salva l’attenzione ad incenerire alcuni tipi di plastiche. E poi nel centro Europa la tecnologia e l’attenzione ecologica non è affatto minore di quelle italiane. “Il Sannio non è una discarica. No al sito di stoccaggio.” Così recita lo striscione esposto dai militanti di CasaPound Italia Benevento durante il sit-in di protesta presso Piazza Castello. Non possiamo accettare che venga installato un nuovo sito sul nostro territorio – continua Piantedosi –, considerando che ben cinque delle nove discariche abusive presenti in Campania si trovano nel Sannio, una terra già martoriata da innumerevoli problematiche. Nonostante fino ad oggi nessuna di queste discariche sia stata chiusa o bonificata, la Regione Campania sta ben pensando di creare un ulteriore impianto di compostaggio, che ricadrebbe all’interno dell’area PIP del comune di Sassinoro, e che dovrebbe smaltire ogni anno 22.000 tonnellate di rifiuti organici; un impianto che sorgerà a ridosso di un’area SIC (Sito di Interesse Comunitario), trovandosi all’interno della fascia di protezione dei corridoi ecologici del fiume Tammaro. In base al principio di prossimità di una direttiva europea secondo la quale i rifiuti vanno trattati nel territorio dove si producono non crediamo si possa arrivare a tanto in questo comprensorio, un impianto basato su un decreto che stabilisce fra l’altro l’autocontrollo per la ditta per evitare impatti ambientali, secondo il principio del “controllore e controllato” come può garantire la sicurezza, la tutela ambientale e una ricaduta economica positiva sul territorio? Se si vuole davvero aiutare la Campania è ora di passare dalle parole ai fatti attraverso uno sforzo straordinario e comune, smettendola con i teatrini politici. Le azioni previste dal protocollo firmato a Caserta, come ad esempio la militarizzazione dei siti di stoccaggio o l’utilizzo dei droni, non sono sufficienti né rassicuranti. Sono, in parte, sono misure già adottate in precedenza come nel caso del presidio militare al centro, in passato, di roventi polemiche. Occorre pensare al risanamento ambientale di questo territorio, utilizzando anche i delitti ambientali della legge 68/2015. Alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, alcuni chiedono di riaprire l’indagine sugli incendi degli impianti di gestione rifiuti dietro ai quali, soprattutto in alcune zone calde della Penisola, si potrebbe nascondere ancora una volta la mano delle ecomafie. Dal 1991 al 2013, Legambiente ha censito 82 inchieste per traffico di rifiuti che hanno incanalato veleni da ogni parte d’Italia per seppellirli direttamente nelle discariche della Terra dei Fuochi, gestite della criminalità organizzata casertana e napoletana; inchieste concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, coinvolgendo ben 443 aziende: la stragrande maggioranza di queste ultime con sede sociale al centro e al nord Italia. Una vera invasione di veleni dal centro-nord alla Terra dei Fuochi, assegnando alla Campania , un tempo Felix, il ruolo, certo non voluto, di «pattumiera d’Italia». In questo ventennio , lungo le rotte dei traffici illeciti, è viaggiato di tutto: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell’alluminio, polveri di abbattimento fumi, morchia di verniciatura, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica. E ancora rifiuti prodotti da società o impianti, noti nel panorama nazionale, come quelli di petrolchimici storici del nostro Paese: i veleni dell’Acna di Cengio, i residui dell’ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce. Però nel territorio della Terra dei Fuochi nessuno sapeva e vedeva, se, soprattutto, Gomorra non l’avesse smascherato. La corretta tenuta delle scritture ambientali è un elemento fondamentale della preparazione e qualificazione di tutti i soggetti che hanno a che fare con la gestione dei rifiuti. Da quasi vent’anni il sistema continua a fare riferimento a tre modelli di documentazione che tracciano l’intero percorso del rifiuto, dalla produzione iniziale fino al recupero o allo smaltimento finale: i Registri di carico e scarico, il Formulario di identificazione per il trasporto e il Modello unico di dichiarazione (Mud). Inoltre, a partire dal 2009, parallelamente a queste scritture tradizionali è stato introdotto il Sistema di tracciamento telematico dei rifiuti (Sistri) il quale, grazie a continue proroghe e riproposizioni, presenta a tutt’oggi un regime incerto. Oggi pertanto siamo in presenza di un “doppio binario”, per il quale – fino al termine del periodo transitorio – la tenuta delle scritture tradizionali continua ad essere imposta anche ai soggetti attualmente obbligati ad aderire al Sistri. In conseguenza di questa moltiplicazione degli obblighi, anche il regime sanzionatorio in materia presenta notevole complessità. A Roma l’11.03.2019, Centro Congressi Frentani, si terrà un Seminario: “Formulari, Sistri, Registri e Mud: la tracciabilità dei rifiuti tra conferme e sorprese”.

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