TORA E PICCILLI. Tra cultura e natura le ciampate del diavolo: le misteriose impronte fossili.
Secondo Catone, si deve ai Sanniti la fonfazione del primo nucleo di costruzioni fortificate nella zona di Tora e Presenzano.
di Giuseppe Pace (Naturalista ed Ecologo Umano)
Come già scritto in altri articoli e saggi dello scrivente, da alcuni secoli, ad iniziare dalla rivoluzione industriale, il primato della natura sulla cultura si è invertito e continua di più oggi, con la rivoluzione globale digitale. Anche i Naturalisti, ma più ancora gli Ecologi Umani, applicano tale evoluzione del pensiero dell’Homo sapiens. Forse è più nel dominio culturale umanistico che vi sono maggiori resistenze tradizionaliste. Paolo Mietto, prof. di stratigrafia a scienze naturali dell’Università di Padova, nel 2003, ha esaminato le impronte fossili dette “Ciampate del Diavolo” del piccolo comune casertano di Tora e Piccilli. Tale comune fu abitato e forse fondato dai Sanniti. Secondo Catone si deve ai Sanniti la fondazione del primo nucleo di costruzioni fortificate nella zona di Tora e Presenzano, identificate in seguito con la città di Rufrae. Le truppe romane ebbero il definitivo sopravvento su questi popoli nel III secolo a.C. ed iniziarono la colonizzazione di tutto il territorio campano. Subì tale sorte anche la città di Rufrae, di cui si trovano alcuni ruderi lungo la via Casilina fra Tora e Piccilli e Presenzano. Altri ritrovamenti nell’area del comune di Tora e Piccilli testimoniano l’esistenza di insediamenti agricoli chiamati “ville rustiche”. Tra il VII e l’VIII secolo a.C, si suppone che sul territorio abitassero popolazioni riconducibili agli Aurunci, le cui tracce sono visibili nei ritrovamenti di suppellettili tombali a Suessa (Sessa Aurunca oggi) e di fondazioni di capanne a Cales (Calvi Risorta oggi). Nel IV secolo, la forte ondata di popolamento da parte dei Romani in Campania, portò alla scomparsa del popolo aurunco, alla distruzione della città antica e alla formazione di nuove colonie. Tora e Piccilli sorge lungo le pendici del complesso vulcanico di Roccamonfina, antichissima area eruttiva estintasi all’incirca ventitré secoli fa, al 269 a.C.. La cultura attuale, più che la natura passata, ha reso celebre Tora e Piccilli per le impronte di un nostro lontano progenitore là vissuto, in sintonia con l’ambiente naturale vulcanico. Infatti lo studioso dell’Università di Padova suddetto, esperto di fossili, ha definito le ciampate o impronte, non del Diavolo, ma dell’”Homo heidelbergensis” (ominide estinto e vissuto tra 600 e 250 mila anni fa) vivente sulle pendici del vulcano Roccamonfina circa 350 mila anni fa. Secondo la ricostruzione di Mietto, le impronte appartengono ad un gruppo di tre individui che, 350.000 anni fa, è sceso lungo il fianco della montagna, formato da fanghiglia calda. Nei punti in cui si scivolava, gli uomini si sono aiutati con gli arti superiori, lasciando infatti anche alcune impronte delle mani. Probabilmente un vento secco ha asciugato velocemente il terreno, così da conservare nel tempo le impronte. Le 56 impronte, che misurano in media circa 10 cm per 20 (il che all’incirca corrisponde all’odierna misura 36), lasciano presumere un’altezza di circa 160 cm (statisticamente l’altezza più probabile associata a quella taglia del piede), ma l’Homo heidelbergensis ha un’altezza media di m 1,75. Le Orme si dispongono in totale su tre piste: Pista A: lunga 13,40 m: 27 impronte a zig-zag Pista B: lunga 8,60 m: 19 impronte rettilinee Pista C: lunga 9,98 m: 10 impronte. Tora e Piccili ha un territorio comunale esteso 12,39 kmq, a quota 343 metri e abitato, attualmente, da 900 persone, mentre nel 1861 da 1957 e nel 1901 da 2490, il calo, o emigrazione, maggiore si è verificato a partire dal 1951. L’abitato sorge lungo le pendici del complesso vulcanico di Roccamonfina, antichissima area eruttiva estintasi all’incirca ventitré secoli fa, al 269 a. C.. Dopo il più noto Vesuvio in Campania è stato molto esaminato, nel territorio casertano, il vulcano di Roccamonfina che è spento, fu attivo tra 630.000 e 50.000 anni fa. Attualmente il vulcano si presenta come un grande cono (circa 25 km di circonferenza alla base) isolato tra la valle del fiume Garigliano e i monti Aurunci, i monti Maggiore e Cesima e il massiccio del monte Massico. La caldera centrale presenta un diametro di quasi 6 km ed è parzialmente occupata dai monti Santa Croce e Lattani, separati dal suo perimetro da un solco anulare parzialmente riempito dalle eruzioni successive. Le più note sorgenti termali di Suio, ma anche le meno note di Sessa Aurunca, Francolise e Teano, sono manifestazioni secondarie del vulcano spento di Roccamonfina anche se non è molto attivo da 50mila anni e poco attivo da 2.300 anni. Ma un vulcano viene definito spento o dormiente, per convenzione dei vulcanologi, quando non dà segni evidenti di attività certa da almeno 2 secoli, alcuni indicano 3 secoli. La fertilità del suolo del Roccamonfina ha permesso la creazione di densi boschi di castagneti. Sul versante sud-occidentale sono presenti alcuni antichi crateri laterali. A Fontanaradina sono presenti cave di leucite vulcanica, presente anche sui Colli Euganei padovani. Homo heidelbergensis fu rinvenuto tra i fossili precedentemente definiti come Homo sapiens arcaico, con particolare riferimento a quelli trovati in Gernmania presso Heildelberg, nella Regione del Baden Wurtemberg, sulle rive del fiume Neckar. Resti di H. heidelbergensis sono stati trovati in Africa, Asia occidentale ed Europa. H. heidelbergensis aveva una calotta cranica più allargata, con una capacità cranica di circa 1100–1200 cm³, non lontana dal valore di circa 1350 cm³ tipico per l’uomo moderno; questa differenza, assieme al comportamento e all’utilizzo di strumenti più avanzati, lo ha fatto assegnare ad una specie diversa. Questa specie, rispetto alle altre più strettamente congeneri, era di dimensioni particolarmente sviluppate: dai reperti infatti si pensa a una altezza media di circa 170 cm e ad una corporatura più massiccia per la sua epoca, pari al 90% di quella dell’uomo moderno. Alcuni studiosi ritengono però che fosse solo di poco più alto dell’Homo neanderthalensis o uomo di Neanderthal (in media 163-164 cm). In base a tale datazione, erano considerate le impronte più antiche mai ritrovate di un ominide al di fuori dell’Africa, fino alla scoperta delle impronte di Happisburgh in Inghilterra nel 2013. Dell’Homo heidelbergensis, che visse in Europa tra i 600mila e i 250mila anni fa, si iniziò a parlare nel 1992, quando ad Atapuerca furono rinvenuti resti di ominidi meno evoluti rispetto al Neanderthal, ma con caratteri più evoluti dell’Homo ergaster, ma non ancora attribuibili ai sapiens. Alcuni studiosi li ritengono appartenenti ad Homo antecessor, una specie comparsa 200 mila anni prima, diretta discendente di Homo ergaster. Altri pensano invece trattarsi di una specie ancor più evoluta di H. antecessor, interponendoli quindi come altra fase di passaggio tra questi e i Neanderthal, che sarebbero quindi i loro diretti discendenti. La comunità scientifica non pare abbia ancora assunto posizioni unanimi sulla classificazione anche se Homo heidelbergensis discende sicuramente da Homo ergaster, che ha avuto origine in Africa poi migrato in Asia ed Europa e nell’attuale territorio casertano di Tora e Piccilli. Come l’ominide suddetto abbia lasciato le impronte sulla lava (una lava calda di questo tipo di vulcano ha una temperatura intorno ai 900 gradi), forse ancora non del tutto raffreddata o solidificata, resta un po’ misterioso. La imperante tradizione degli indigeni o popolare del luogo ha visto nelle orme le “Ciampate del Diavolo” perché solamente un demone può camminare sulla lava ancora calda. Di Homo heidelbergensis si è trattato più ampiamente nel saggio “La Germania tra Cultura e Natura. Ecologia Umana del Baden W..”, leolibri.it, scritto dallo scrivente e da Luigi, il figlio. La ricostruzione di 27 ossa di arti umani completi rinvenuti nella Sierra de Atapuerca, nei pressi di Burgos, Spagna, ha contribuito a far luce sulla statura di varie specie umane del Pleistocene europeo, mostrando che l’Homo heidelbergensis, come il Neanderthal, aveva più o meno la stessa altezza di altri esseri umani moderni che popolavano le regioni mediterranee e l’Europa Centrale nel corso del Quaternario, tra 2,5 milioni e 11.700 anni fa (vedi foto riportata dal sito web). Le orme dell’uomo arcaico o primitivo suddetto, dette anche Ciampate del Diavolo, si trovano all’interno del Parco Regionale di Roccamonfina-Foce Garigliano, istituito nel 1999, che occupa più di 11000 ettari nei comuni di Tora e Piccilli Teano, Sessa Aurunca, Roccamonfina, Marzano Appio Galluccio e Conca della Campania. Non è dunque solo nel più noto e laziale parco del Circeo, ricco di storia classica e paleontologia, che la Cultura alberga per offrirla al turista, ma anche in Campania e nel “sofferente” territorio casertano, da meglio valorizzare.