Castelpetroso. Nuovo ministro di culto al santuario mariano.

“due giovani sposi, dei due versanti del Matese“… Il prete di Roccamandolfi… …. cattedrale di Venafro… campane di Marinelli di Agnone
di Giuseppe Pace
Il nuovo vescovo dell’Arcidiocesi Campobasso-Bojano, Biagio Colaianni, ha nominato ministro di culto cattolico, Don Michele Socci, al Santuario mariano di Castelpetroso. In questo santuario mariano presi in moglie una molisana, il 30 luglio 1976. Il prete era di Roccamandolfi, che lasciò l’orto della basilica dove stava zappando, per celebrare in modo essenziale il rito cattolico del matrimonio con la precisazione: ”questi giovani sposi, dei due versanti del Matese, il destino li ha condotti qua per contrarre matrimonio”.
Don Michele Socci, prima del Santuario di Castelpetroso, era a Baranello (CB) dove nel 2018 festeggiò il bicentenario della consacrazione della chiesa di San Michele Arcangelo, che, tra l’altro, ha lo splendido dipinto “La pietà” di G. Caracciolo, degli inizi del 1600, detto il “battistello”, e tra i santi si osserva anche un significativo dipinto di San Gennaro, segno che tra Campania e Molise c’è storicamente collaborazione anche tra sacrati o pastori di anime.
A Campobasso il nuovo pastore dell’Arcidiocesi suddetta, ha sostituito, il trentino Giancarlo Maria Bregantini, per raggiunti limiti d’età, 75 anni, a norma di diritto canonico. Bregantini ha una notevole biobibliografia e tra i suoi scritti lascia diversi libri in memoria dei sacrati ministri di culto cattolico o preti in prevalenza, come Don Michele Socci: “Non possiamo tacere”, “Ma perché ti sei fatto prete?” e “Il profumo della Salve Regina”. A proposito del farsi prete di Bregantini, anche Papa Francesco, che sembra innovatore nell’abbattere i muri e costruire ponti, si ostina a non permettere ai suoi preti di farsi una propria famiglia, come possono fare i preti di rito ortodosso.
Questi li ho visto in Romania, dove insegnavo per il Maeci, e là, un collega, Nitu Bogdan, era prete oltre che supplente di lingua italiana nel liceo dove insegnavo, mi svelò qualcosa che poi ho verificato sulla dottrina sociale della chiesa nell’Europa ex comunista. A Don Michele Socci gli auguri di una fertile attività pastorale in uno dei più significanti santuari dell’intero Molise, terra di Sanniti “che ancora conoscono la creanza e alla parla mischiano il sorriso”, come scriveva nelle sue note poesie, tra cui “Matese”, Emilio Spensieri di Vinchiaturo con cugino a Padova, già comandante del Distretto Militare. Don Michele l’ho incontrato a Padova quest’anno e ho notato una sua valenza sociale non indifferente, dunque è proprio un prete che ”puzza” di pecore del Sannio nativo di entrambi. Castelpetroso è un comune isernino, che da oltre 3 mila abitanti si è dimezzato con l’emigrazione, ma il suo Santuario mariano aumenta di visitatori anche da fuori regione.
La basilica santuario dell’Addolorata di Castelpetroso, secondo la testimonianza delle veggenti, la Vergine Maria, apparve la prima volta il 22 marzo del 1888 a due pastorelle di nome Serafina e Bibiana in località Cesa tra Santi, sulle pendici del Monte Patalecchia. A questa prima apparizione ne seguirono altre e, in seguito al riconoscimento di tale fenomeno di religiosità popolare, il Papa Paolo VI, ha proclamato il 6 dicembre 1973, Maria Santissima Addolorata di Castelpetroso patrona del Molise. Alla fine del 1800 , si decise di costruire un santuario e il progetto venne affidato all’Ingegnere bolognese, Giuseppe Gualaldi e alla sua morte nel 1944 subentrò il figlio Francesco. Il 28 settembre del 1890 venne posata la prima pietra e si diede inizio alla costruzione del santuario, che procedette a rilento a causa di problemi economici e delle due guerre mondiali, nel 1907 fu terminata e aperta al culto la cappella dei Polacchi, ma le mura perimetrali della chiesa furono portate a compimento solo nel 1950, grazie alle sovvenzioni di don Nicolino Passarelli, canonico teologo della cattedrale di Venafro, avvocato della Sacra Rota.
Nei decenni successivi si completò il santuario che venne consacrato il 21 settembre del 1975 dal vescovo di Bojano-Campobasso, Alberto Carinci. Si noti l’importanza della Diocesi storica di Bojano, che precedeva storicamente quella di Campobasso. Bojano era la capitale del Sannio Pentro, Bovianum Vetus, espugnata da 2 legioni romane nel 305 a. C. una proveniente da Letino via luogo del santuario di Castelpetroso, che fino a 50 anni fa ospitava i letinesi pellegrini a San Rocco di Carpinone.
Della cattedrale di Bojano si segnala, Don Angelo Spina, ora vescovo di Osimo e Sulmona. Nel 1995 il Papa polacco Giovanni Paolo II, in occasione del suo secondo viaggio pastorale In Molise, visitò il luogo delle apparizioni e il santuario di Castelpetroso, e vi celebrò la messa e l’Angelus. Nel 2004, l’arcivescovo metropolita di Campobasso-Boiano, Armando Dini, ha promulgato il nuovo statuto del santuario, che è stato affidato ad un proprio vicario episcopale. In conseguenza di tale nuovo statuto, i frati francescani dell’immacolata, che amministravano economicamente e pastoralmente le attività del santuario, ne hanno successivamente abbandonato la direzione dopo 12 anni di attività al suo interno, al loro posto sono subentrati i frati minori conventuali.
Nel 2005 è stato realizzato l’adeguamento liturgico posizionando il nuovo altare al centro dell’aula. Nel 2011, in occasione del 121º anniversario della posa della prima pietra, il santuario ha ricevuto la visita del Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Anche Papa Francesco il 21 settembre 2013, nel 123º anniversario della posa della prima pietra, ha elevato il santuario di Castepetroso alla dignità di basilica minore, e il 5 luglio 2014 l’ha visitata incontrando i giovani di Abruzzo e Molise. L’esterno della chiesa è caratterizzato dalla facciata, stretta fra le 2 torri campanarie ed è tripartita orizzontalmente da tre sezioni della medesima altezza, ciascuna delle quali termina con una cuspide triangolare; al centro si apre una quadrifora, ai lati una trifora. In basso, vi sono i tre portali strombati decorati con lunette musive raffiguranti Gesù in croce tra Maria e Giovanni (al centro), l’ Annunciazione (a sinistra) e l’ Incoronazione di Maria (a destra).
I battenti bronzei raffigurano scene dell’Antico e Nuovo Testamento. I due campanili sono a pianta quadrata e presentano due ordini sovrapposti di bifore, con quello inferiore più alto. Al loro interno si trova un concerto composto da 10 campane della Fonderia Marinelli con sede ad Agnone (IS). La cupola ottogonale si innesta su un alto tamburo che presenta, su ciascun lato, terminante con una cuspide triangolare, una bifora. La cupola è sormontata da una lanterna, anch’essa ottagonale, che alla sua sommità raggiunge un’altezza di 52 metri. L’interno della chiesa è caratterizzato dalla particolare pianta centrale costituita dall’aula ottagonale coperta dalla cupola e circondata da un deambulatorio con una volta a crociera, lungo il quale si aprono tre profonde cappelle absidate e due più piccole a pianta quadrata; i tre portali non danno direttamente sul deambulatorio, ma su un endonartece di un’unica campata diviso in 3 navate da archi a tutto sesto; sul lato opposto, si trova la cappella maggiore, leggermente più grande rispetto alle altre sei, delle quali ricalca la pianta e con le quali vuole significare il numero delle spade che trafiggono il cuore di Maria Addolorata. In ognuna delle sei cappelle laterali, vi è un altare in marmi policromi sormontato da una tela di Amedeo Trivisonno raffigurante uno dei dolori di Maria; di Trivisonno sono anche le tele della Resurrezione di Gesù e dell’Assunzione di Maria, poste nell’endonartece.
La cappella maggiore, in asse con l’ingresso, presenta il pavimento rialzato rispetto al resto della chiesa. Al suo interno si trova l’antico altare maggiore in marmi policromi, sormontato dal cosiddetto Trono, edicola marmorea neogotica riccamente decorata all’interno della quale si trova il Simulacro di Maria Santissima Addolorata di Castelpetroso . Questo è costituito da due statue in legno dipinto raffigurante la Vergine semi inginocchiata presso il corpo, deposto per terra, di Gesù morto. L’attuale gruppo scultoreo risale al 1963. Sulla cantoria in controfacciata, si trova l’organo a canne, costruito nel 1993 dall’azienda produttrice di organi a canne di Padova, Fratelli Ruffatti.
L’azienda familiare si occupa della costruzione e del restauro di organi a canne a trasmissione elettrica e meccanica dal 1940, con stabilimento a Padova, da parte di Alessio, Antonio e Giuseppe Ruffatti. Conosciuta a livello internazionale per le installazioni di strumenti di grande dimensione: Crystal Cathedral California, Coral Ridge Presbyterian Church di Fort Laude in Florida, il Santuario di Fatima in Portogallo, il monumentale organo a 6 manuali del Duomo di Monreale, della basilica santuario del Carmine Maggiore di Napoli, e così via. Lo strumento è a trasmissione mista, meccanica per i manuali e il pedale ed elettrica per i registri, e la sua consolle, avente due tastiere di 58 note ciascuna e pedaliera, concavo-radiale di 32 note, è a finestra. La cassa è caratterizzata dalla mostra, composta da canne di principale disposte a cuspide e ad ali in più campi. A pavimento nell’aula si trova un secondo organo a canne, un positivo a cassapanca costruito nel 2017 da Nicola Puccini; a trasmissione integralmente meccanica, dispone di cinque registri su unico manuale, senza pedaliera.
Anni fa, visitai con l’amico dell’amico di Colbacchini fondatore del museo delle campane, nel territorio padovano, e quando gli accennai delle campane di Marinelli di Agnone, esclamò sorridendo che non era riuscito a vendere al Vaticano neanche una campana poiché là il monopolio era di Agnone e non di Padova. Gli precisai che ad Agnone l’arte di fondere le campane la importarono dei soldati di ventura della Serenissima Repubblica di San Marco di Venezia, ne restò compiaciuto. Nel mio studio dei vari ambienti, preciso sempre che per ambiente bisogna intendere un insieme di natura e cultura, dove la seconda è prevalente sulla prima e tra gli aspetti della cultura vi sono anche quelli religiosi che l’Homo sapiens non deve ignorare nonostante il crescente ateismo tra i giovanissimi tedeschi, italiani e altrove sul pianeta Terra tra gli oltre 8 miliardi di persone