ALIFE / PIEDIMONTE MATESE. Lo studio dell’Ambiente locale e globale e Maradona a Napoli, nel Sannio Alifano e in Argentina.

Nel 1984 alla stazione ferroviaria d’Alife, mentre rientravo da Napoli in treno, lessi sui muri ”Maradona facci sognare”.
di Giuseppe Pace (Corrispondente nazionale della Società Scientifica Argentina).
Nel 1984 alla stazione ferroviaria d’Alife, mentre rientravo da Napoli in treno, lessi sui muri ”Maradona facci sognare”. Oggi deduco che non era solo il napoletano che voleva sognare ma anche l’alifano per il tramite dell’eroe e mito del calcio, Diego Armando Maradona. Dunque Alife ed il Sannio Alifano, di conseguenza, chiedono un riscatto, che allora come ora trovano solo in Maradona? Speriamo di no. A Napoli il Sindaco De Magistris e i consiglieri regionali campani dei Verdi chiedono pubblicamente di intitolare, subito in 15 giorni, pare, al campione argentino, Maradona, lo stadio San Paolo. Lo studio dell’Ambiente è relativo anche alla cultura e non solo alla natura, come non pochi, erroneamente, credono. Ambiente dunque come insieme di Natura e Cultura dove la seconda plasma la prima e non più viceversa. Fino alla scoperta dell’America del XV sec. e alla rivoluzione industriale di circa due secoli dopo la Natura era la maestra dei maestri come la definiva ancora il genio di Leonardo da Vinci. In essa vedeva una forza vitale nascente come nel pulcino ammaestrato da mamma chioccia. Oggi con la rivoluzione digitale e dello smart working cambiamenti locali e globali sono sorprendenti e rasentano l’inverosimile. Lo sconvolgimento che il sistema produttivo subirà con l’introduzione di questo nuovo paradigma produttivo, detto anche della digital economy che ne sarà il naturale sviluppo, sconvolgerà anche gli equilibri economici nazionali ed internazionali. Nell’evoluzione temporale del pensiero scientifico c’è un ambiente precedente e uno successivo al nuovo modo di pensare di Galileo Galilei, che insegnò all’Università di Padova dal 1592 al 1610 per poi rientrare nella sua nativa Toscana. Esiste una fisica, un’astronomia, una matematica, ecc. con un metodo scientifico deduttivo prima di Galileo ed uno induttivo dopo Galileo, che rappresenta il padre della scienza moderna. La sua cattedra oggi, all’università di Padova, costituisce una sorta di attrazione turistica della città, con l’ateneo da 8 secoli a breve, e un’icona della scienza. Sulla figura storica di Galilei promossi una giornata d’incontro e di simposio al liceo tecnologico “Transilvania” di Deva/Hd in Romania nel 2006 con larga partecipazione di pubblico anche extrascolastico e con condivisione dell’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest, oggi intitolato a Vito Grasso persona colta che conobbi nel 2004 quando presi servizio in Romania poi partecipai al suo funerale a Bucarest perché morì prematuramente e in servizio attivo. Egli ammirava i romanzi del suo corregionale, Camilleri, e li faceva commentare a Bucarest. Dall’Istituto che dirigeva, nella Parigi dei Balcani, il giorno del simposio, mi giunse un telegramma di ringraziamento ed incoraggiamento. I novelli Daci apprezzarono “un italiano illustre nelle scienze e nella tecnica” che gli proposi da italiano catapultato là dal Ministero A. Esteri ad istituire una cattedra di scienze naturali, da 10 anni attesa da quell’ambiente della Transilvania occidentale. Al simposio galileano partecipò anche Vlad Sorin, un mio collega di storia che curava anche le tradizioni dei Daci antichi con sul capo il drago dacico mentre simulava lo scontro con i legionari di Traino del 106 d. C.. Vi era anche un altro collega storico, Gligor Hasa, già in pensione (dopo la pensione là si può ancora insegnare per qualche anno ancora) e morto da poco, che di epica dei Daci aveva scritto vari romanzi ed ammirava George Coșbuc, detto “il poeta contadino” poiché descrisse tranquille scene di vita nella campagna rumena, spesso messe in musica. A lui dobbiamo inoltre una traduzione poetica della Commedia dantesca del 1925, mentre tra i due massimi poeti, M. Eminescu e Dante A., ho azzardato io da poco un’analogia ambientale e causale sia pure di due geni poetici di circa 5 secoli distanti. Tale analogia è apparsa negli Usa sulla rivista ”International Writers’ Journal” n. 3/2020. Dante Alighieri e Mihai Eminescu scrissero immortali ed universali opere perché furono molto sensibili verso il sociale del loro tempo: XIV e XIX sec. Un altro articolo similare uscirà a breve sulla rivista romena della biblioteca “O. Densusianu” di Deva “Vox Libri”, che mi ha pubblicato già”Vaso della memoria”. Chi apprezzò molto il suddetto simposio e vi partecipò in prima persona, illustrando alcune delle scoperte fisiche di Galileo, fu il collega di Fisica, Vasile Corciu, morto prematuramente da poco tempo. Entusiasti dell’evento culturale inusuale (avevo preso spunto dalla giornata dedicata ad Eminescu) furono i Dirigenti Scolastici (Maria Andrei, Chimica, e la sua vice Lavinia Apolzan, Ingegnere) ma anche gli Ing. Laura Mosutiu, Pitar Remus e +Livio Ispas, il bibliotecario e letterato Joan Bodrean e l’informatico Claudiu Tiberiu Dinis con il suo ex collega, Marcel Negru, autore di cortometraggi ad Hunedoara. Attivo fu l’ausilio del segretario, Lucian Popescu, che parlava pure in russo. Galileo Galilei, forse pochi sanno, fu noto al più vasto pubblico per una conferenza che tenne a Pisa, in sostituzione del suo professore, del quale era assistente per i calcoli matematici, che improvvisamente si ammalò. Per trattenere il pubblico in sala parlò del numero di persone che l’Inferno dantesco avrebbe potuto contenere. Fu un trionfo ed un lancio accademico insolito. Successivamente un suo studente della famiglia dei nobili veneziani Sagredo, fece intercedere il padre presso il Doge affinchè proponesse un più favorevole contratto a Galileo per farlo insegnare all’Università di Padova, cosa che fu fatta. Galileo, che aveva casa in affitto, poi detta, via Galilei, frequentò spesso la villa padovana dei Sagredo, dove iniziò a scrivere Dialogo sui massimi sistemi. Dopo i suoi 18 anni trascorsi a Padova-dove scopri le macchie solare, i monti della Luna, ecc., ebbe un altro contratto più favorevole dal Gran Ducato di Toscana, che però nonostante la scoperta dei pianeti medicei (4 satelliti di Giove) non lo difese come fece sempre, invece, il Doge dall’accusa da parte del papato di eresia per diffondere l’eliocentrismo, il vescovo di Padova tifava per Galileo. Il papa pretese da Galileo la famosa abiura sull’eliocentrismo (si ricorda che il papato ha sempre parteggiato per l’antropocentrismo), che il nolano Giordano Bruno non fece e perciò fu bruciato vivo nel 1600 a Campo dei Fiori a Roma. Ma tornando a Galileo che ebbe l’ardire di calcolare gli ospiti dell’Inverno dantesco, nessuno delle Università, di allora come di adesso, aveva mai fatto un tale calcolo, era ed è ancora? fuori dai protocolli che spesso ingabbiano il pensiero scientifico e lo conducono in un vicolo cieco con esborsi notevoli dei contribuenti. A Deva, quel giorno, qualcuno lesse il Time e il New York Time che scriveva che il Papa, Giovanni Paolo II, dopo 3 secoli aveva chiesto scusa a Galileo mentre visitava Padova, anche se l’Università, a maggioranza, respinse l’invito fatto dal Prof. Sabino Acquaviva, di entrare e parlare al senato accademico. Ma la storia della lotta tra tradizione ed innovazione è lunga ed antica, sempre presente nel dibattito delle idee. A Padova l’Astronomia ha una scuola ricca di genialità come Giuseppe Colombo che utilizzò la gravita planetaria come sonda per le missioni spaziali. Spesso la scienza è indipendente dai saperi umanistici, la stessa scienza, che il Filosofo, Benedetto Croce, voleva servile alla Filosofia e dispensatrice solo di misure tecniche. Molte volte però la scienza non riesce ad afferrare la forma reale di ciò che banalmente si presenta alla nostra vista, oppure sibila al nostro udito. La difficoltà nasce dall’immersione totale in una dimensione che può essere abitata ma non osservata dall’esterno. Ecco, il tempo è esattamente un’entità di questo tipo: talmente presente nella nostra vita che non è possibile staccarsene e comprendere pienamente la sua essenza. Una delle riflessione che, a mio avviso, riesce maggiormente a catturare la natura del tempo è quella offerta da Sant’Agostino ne Le Confessioni (398). “Che cosa è dunque il tempo? Se nessuno me ne chiede, lo so bene: ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so”. Il tempo scorre attraverso la nostra esistenza e, specularmente, la nostra vita viene scandita dal tempo, un po’ come le lancette di un orologio. Noi abitiamo il tempo nello stesso modo in cui le lancette abitano l’orologio: manifestazione fenomenica del fluire temporale. Offriamo la nostra fisicità, lasciando che il tempo scandisca il divenire e si nutra di noi. La nozione comune di “tempo” – paradigma della fisica fino all’inizio del XX sec. – si frantuma di fronte al genio di colui che ha segnato il passaggio dalla fisica classica alla fisica moderna: Albert Einstein. Quante volte ho precisato ai miei studenti parla dogli dell’infinito che il cosmo è finito, ma illimitato e curvilineo come propostoci da A. Einstein. Finito perché è composto di materia, cioè di atomi e unità subatomiche che in parte conosciamo. Illimitato perché non abbiamo le dimensioni reali dell’universo immenso e incommensurabile. Curvilineo perché è stato sperimentato che la luce viaggia in uno spazio curvo nell’universo. Fino al tempo di Einstein si era consolidata l’idea scientifica – aderente al senso comune – che il tempo fosse, al pari dello spazio, un’entità assoluta, indipendente dagli osservatori e percepito sempre nello stesso modo, al di là della loro collocazione spaziale. Ogni evento, dunque, si collocava lungo una linea unidirezionale, in modo da stabilire inequivocabilmente la distinzione fra passato, presente e futuro. Per un malato grave il tempo si misura in modo diverso. Per un reduce di guerra esso si misura in prima e dopo la guerra, che gli eventi traumatici lo ha segnato per tutta la vita. Interessante sottolineare che, se ogni evento scorre attraverso questa triade lineare unidirezionale del fluire temporale, allora solo il presente è reale, perché il passato non esiste più e il futuro non esiste ancora “la distinzione tra passato, presente e futuro sia soltanto un’illusione, anche se ostinata”. Con la teoria della relatività ristretta, Einstein teorizzò che il tempo non fosse assoluto, ma relativo a due variabili: la velocità e il riferimento spaziale degli osservatori. Per essere ancora più precisi, è la distanza temporale (intervallo) fra due eventi a essere relativa alle variabili appena citate. Questo significa che l’intervallo di tempo che intercorre fra un evento A e un evento B differisce da osservatore a osservatore. Eppure recentemente la famosa velocità della luce einsteniana è stata superata sperimentalmente. Un gruppo di ricercatori del Cern e dell’Infn guidato dall’italiano Antonio Ereditato ha registrato che i neutrini possono viaggiare oltre quel limite. Le particelle hanno coperto i 730 chilometri che separano i laboratori di Ginevra da quelli del Gran Sasso a una velocità più alta di quella della luce. Il muro è stato infranto di appena 60 nanosecondi. Eppure, il risultato è talmente destabilizzante che il team di ricerca ha atteso ben tre anni di misurazioni per sottoporlo all’attenzione della comunità scientifica. Con l’avvento della meccanica quantistica il tempo ha dunque cambiato la propria qualità ontologica – passando da assoluto a relativo – ma non la propria qualità fisico-geometrica. Sulla scia del celebre fiume eracliteo, il divenire – inteso non solo come movimento ma anche come mutamento, dunque nello spazio e nel tempo – fluisce perpetuamente, garantendo alla realtà un’illimitata dinamicità. Il tempo è sempre una linea retta, lungo la quale, tuttavia, non è garantito che questo scorra sempre e per tutti nello stesso modo. Eppure, nonostante quella lineare sia la concezione del tempo che più ci è familiare – eredità della tradizione ebraico-cristiana –, sin dall’Antica Grecia, in particolare con lo stoicismo, è andata sviluppandosi l’idea di una struttura ciclica del tempo, determinante nella continua morte e rinascita dell’universo. Mescolandosi con la mitologia classica e l’ineluttabilità del destino, con cui si scontra un’umanità impotente di fronte al volere degli Dei, il tempo appare l’elemento dialettico del quale si veste la ciclicità del fato, andando a dilatare il nesso causa-effetto. Di cose singolari la scienza e gli scienziati ne hanno fatte. Il corollario della vita eterna di Albert Einstein ad esempio affascina perché dimostra che si potrebbe viaggiare a velocità (velocità uguale a spazio fratto tempo) superiore a quella della luce con tempo pari a zero, dunque vivere in eterno. Interessante ritengo l’equazione di Dirac (∂ + m) ψ = 0 è l’equazione che sta a significare che: “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema. A me spesso capita di approfondire lo studio dell’Ecologia Umana che analizza il sistema Ambiente che non è la somma di Natura e Cultura, spesso le relazioni si intersecano e si duplicano come nel confine sottile, ed ancora con nebbia del mistero non noto, tra la lunga storia naturale e quella breve sociale. Paul A. Maurice Dirac è stato un fisico e matematico britannico considerato tra i fondatori della meccanica e della fisica quantistica. Sembrerebbe che telepatia, amore ecc., siano spiegati tramite la meccanica quantistica. Partendo dalla forma errata si arriva a quella di Dirac, cioè in breve, mettiamo un segno meno davanti alla massa, la quantità immaginaria davanti alla derivata e la derivata è tagliata (il taglio serve a ricordare che il simbolo rappresenta 4 equazioni). Forma corretta: (i∂̸ – m) ψ = 0. All’Università di Padova, invitato dall’Associazione “Alumni”, ho ascoltato con notevole interesse Federico Faggin, un suo “Alumno” parlare anche di “Silicio. La Consapevolezza…”, come il titolo del suo saggio. Il Fisico, F. Faggin, che è superdecorato per le scoperte in campo elettronico negli Usa, si è dato, ora, allo studio scientifico dello spirito o del sacro. Egli accennò alla sua passione per la meccanica quantistica e al fatto che non solo le discipline umanistiche debbano interessarsi di capire e spiegare agli altri il sacro dell’uomo. Tale aspetto mi trova molto consensiente così lo spirito filosofico crociano viene sconfessato e sconsacrato nel definire le scienze naturali servili alle sue, di alte quote, filosofiche. Egli, per ignoranza, non sapeva del valore autopropulsivo delle scienze che hanno saputo aiutare l’Uomo e sollevarlo dalla stregua animale. Comunque quando collaboreranno i saperi umanistici e scientifici, faranno un’azione buona e giusta. Ma torniamo ancora un po’ nei saperi fisico-chimici. L’entanglement è un fenomeno quantistico, che non ha analogo classico e che non correla qualunque tipo di relazione, ma solospecifici valori di alcune grandezze quantistiche: spin, polarizzazione etc. È un fenomeno inquietante, perché ci mostra qualcosa di inspiegabile, e cioè una connessione immediata tra particelle indipendentemente dalla distanza. Prendiamo una particella a carica nulla, la facciamo decadere in due particelle di carica opposta. Ciascuna delle due particelle non ha carica determinata sino a quando qualcuno non la misura (in un sistema microscopico la carica di ciascuna particella è sia positiva che negativa).Come ovvio l’amore non può essere spiegato da formule quantistiche destinate a spiegare le più profonde interazioni della materia. Ed il segreto dell’amore sta proprio nel non codificare quel trasporto involontario, incontrollabile e passionale verso l’altra persona. Quando ti complichi la vita, provando a barcamenarti tra studio e lavoro pur di trovare dieci minuti per stare con quella persona, oppure quando quella persona è assente e si trascorre tutto il tempo a pensare a lei, non si ha bisogno di ricorrere a formule complicate perché si è già innamorati! Il sociologo Francesco Alberoni negli Anni 50 capì come stavano cambiando le italiane (e gli italiani) dal tipo di lenzuola che sognavano e dalla biancheria che indossavano. Nel 1979 scrisse un best seller, “Innamoramento e amore”, che fece la rivoluzione (sentimentale). In questa intervista ce ne svela il sequel. E ci racconta anche i leader della contestazione che furono suoi studenti. A partire da Renato Curcio. Egli in qualche misura sviscerò il tema tra i generi della specie Homo sapiens a cui l’Uomo appartiene Egli si presenta in oltre 7 miliardi di persone o personalità distinte sul Pianeta Terra ed abita in 196 Paesi e parla oltre 230 lingue diverse anche se l’inglese scientifico è compreso ed utilizzato anche dai cinesi. Eppure l’amore tra un uomo e una donna è una fatto reale che a non pochi pensatori appare stupido oppure una osservazione meramente naturalistica per procreare da parte dei due generi di una specie sessuata e non asessuata come i batteri oppure ermafrodita come le lumache. La stessa Chiesa fino a pochi decenni fa vedeva la procreazione come finalità del matrimonio, non altro come, invece, si cerca spasmodicamente di vedere nell’edonismo imperante. Nel 2000 ho visitato una parte dell’Argentina e ho visto lo stadio dove giocava il campione mondiale del calcio Diego Maradona. Davanti all’albergo dove ero con altri della commissione d’esame di maturità del liceo italiano di Buenos Aires Cristoforo Colombo, notavo molti bambini giocare a calcio a tutte le ore, anche di notte fonda. Maradona è cresciuto in quell’ambiente, che un vero grande vivaio per selezionare campioni. Maradona è morto da poco e il mondo intero lo piange mentre i non sportivi lo rispettano ugualmente. Dove il pianto è più corale quasi di religiosità popolare antica è l’ambiente argentino e quello napoletano. Dell’ambiente napoletano trovo interessante cosa dice il colto Sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che conosce la sua città meglio di tutti gli altri che lo hanno preceduto, almeno da mezzo secolo e non come qualche senatore di centrodestra lo bistratta dalla sua carica di segretario regionale di F.I.. Il Sindaco si immedesima nel suo popolo che rappresenta in un ambiente politico complesso com’è complessa Napoli. Enblematica è la fotografia che lo ritrae con Diego Armando Maradona. In quella città vi ho frequentato l’Università, Federico II (ritenuta la più antica università europea per la caratteristica pubblica o statale, Bologna e Padova sorsero pure nel XIII sec., dunque non pubbliche o laiche come Napoli. A Napoli c’è un ambiente simile a Buenos Aires anche perché molti campani vi emigrarono tra la seconda metà del 1800 fino al 1953: quando iniziò il boom economico italiano. Maradona è stato un argentino che ha assorbito l’ambiente culturale popolare anche politico di un certo sinistrismo alla cubana di Fidel Castro di Che Quevara. Egli è stato, sempre e comunque, “un figlio del popolo”, mai ha rinnegato le sue radici, compresa la sua fede popolare. “Uno di noi”. Per questo, tutta l’Argentina abbraccia e piange il suo mito, il calciatore Diego Armando Maradona, morto a 60 anni per un attacco cardiaco nella sua abitazione di Tigre. A tigre c’è una mia cugina mentre a Flores viveva una mia zia che incontrai nel 2000. Alla Sociedad Cientifica Argentina vollero conferirmi, il 7 agosto 2001, l’incarico di Socio correspondiente, che mi spedirono a Padova con gradita sorpresa. Frequentai anche la piazza dove c’è la Casa Rosada, allora vi erano le manifestazioni di mamme dei Desaparesidos, ieri c’era il feretro di Maradona, un eroe del popolo ed anche dei ceti vicini al popolo come ai tempi di Roma caput mundi con Giulio Cesare, che, seppure di nobile lignaggio, si alleava ad esponenti popolani e popolari per dominare meglio. Roma con i suoi oltre 2 millenni di storia ha plasmato un ambiente culturale che è ancora l’humus o il granaio culturale dei popoli non solo europei che sfiorano il mezzo miliardo di persone, più i 250 milioni dell’America Latina e oltre 300 milioni nel nord America per derivazione maggioritaria. In Argentina mentre il Governo ha proclamato tre giorni di lutto nazionale, si moltiplicano le reazioni, i messaggi e le preghiere. Come ha trovato conferma il Sir, nelle dichiarazioni a caldo raccolte in ambito ecclesiale e nei quartieri popolari della periferia “bonaerense”, nelle villas di cui el pibe de oro è stato figlio, a partire da Villa Fiorito, il suo quartiere natale a sud di Buenos Aires. “È un duro colpo, una giornata triste”, dicono tutti. “Non ha mai perso la fede popolare”. Da La Plata, dove di recente Maradona è stato operato e ricoverato, arriva l’omaggio dell’arcivescovo, mons. Víctor Manuel Fernández, teologo già assistente dell’Università Cattolica Argentina. “È stato molto apprezzato soprattutto dagli umili – dichiara al Sir l’arcivescovo -, perché rappresenta chi si è fatto avanti con fatica, ha raggiunto un posto importante, ma senza perdere la cultura popolare da cui proveniva, senza allontanarsi dai suoi soliti amici, senza negare la sua umile origine o nasconderla. Non ha mai perso la fede popolare che sua madre gli ha trasmesso e non ha mai negato quella fede dei semplici. Ecco perché spesso si faceva il segno della croce, chiedeva aiuto alla Vergine, parlava di Dio senza vergogna”. Certo, in lui, come è noto, hanno convissuto grandezza e fragilità: “La sua grandezza consiste nel fatto che sapeva come mettere il suo corpo e la sua anima in quello che faceva. Il calcio era la sua vocazione, e lì dava tutto, come l’eroe greco Achille che combatteva sicuro di vincere. Inoltre, sappiamo che non l’ha fatto solo per progredire finanziariamente, ma con la passione di portare gioia alle persone. Conosciamo già i suoi limiti, i punti deboli, a cui sono spesso attratti coloro che hanno un’elevata esposizione pubblica. Ma in mezzo ai suoi limiti, non si è lasciato sopraffare, ha riprovato ed è andato di nuovo avanti”. Ma è nelle villas de emergencia, nei quartieri periferici della grande area metropolitana “bonaerense”, che è esploso ieri il lutto popolare. A partire da Villa Fiorito, la località a sud della capitale, nella diocesi di Lomas de Zamora, che ha dato i natali al grande calciatore. Non sempre il denaro fa bene alle persone. Ma tutti lo ricordano come una persona geniale”. Una messa, molto sentita, l’ha invece celebrata, nell’arcidiocesi di Buenos Aires, padre José Maria “Pepe” Di Paola, coordinatore dei curas villeros, i sacerdoti delle periferie, che ricorda così Diego Armando Maradona: “È un grave colpo per tutta la gente, un simbolo per l’Argentina. Io stesso, pur non avendolo mai conosciuto direttamente, sono colpito, ho quasi la sua età, e ho seguito tutta la sua carriera. Era un campione vicino ai poveri, ai quartieri, sapeva identificarsi con la gente e questo era successo anche in Italia, quando giocava con il Napoli. Napoli con Maradona cercava il riscatto di città vilipesa, disorganizzata ricca di truffe e truffatori, ma anche di tanta brava ed onesta gente come altrove. Ma è Napoli e non Milano oppure Berlino che ama coralmente Maradona. Maradona lascia un grande vuoto in Argentina” e a Napoli, che pare sia ancora una sorta di capitale di un ambiente mediterraneo in bilico tra vicino oriente ed Africa oltre che con il resto della penisola italica, da cui si differenzia non poco sia nel male che nel bene. A Marodona il mondo si inchina perché la qualità di giocare bene gli va riconosciuta e non bloccata dall’ascensore sociale che premia non più la meritocrazia ma l’amico dell’amico e a Napoli come a Buenos Aires ciò è più palpabile, ma nonostante ciò le punte come il n.10 di Diego A. Maradona emergono sopra tutti gli altri raccomandati: nello sport devi dimostrare che vali e non puoi fingere come in politica. Del Sannio Alifano in Argentina ci sono molti oriundi che tifano per Maradona e cercano il riscatto economico-sociale nel pallone e non nella politica nuova con meno stato e più cittadino. La pandemia ci sta abituando ad essere suddito di uno stato che sforna un giorno si e l’altro pure dpcm impositivi governando pare, a detta di molti, con la paura. Allora ha ragione De Luca quando dice che le zone di rischio così programmate sono bufale! De Luca non è l’unico ed esemplare è stato il suo senso critico verso i tempi geologici di alcuni funzionari regionali dell’ente protezione ambientale che gli intimavano, come Sindaco di Salerno, di prendere e rilasciare sabbia dal fondale in modo a dire poco folle!