Il Sud a rischio sottosviluppo permanente. Negli ultimi anni crescita metà della Grecia: allarmante il rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno.

forconi lavoro

I lavoratori occupati continuano a scendere, oggi fermi a 5,8 milioni, livello più basso mai registrato da quasi 40 anni: a farne le spese soprattutto donne e giovani. Consumi delle famiglie meridionali ancora in discesa, spesa pubblica crollata, migrate dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord oltre 1,6 milioni di persone dal 2001. Il Sud destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni.

“Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente”. I lavoratori occupati effettivi continuano a scendere, oggi fermi a 5,8 milioni, il livello più basso mai registrato da quasi 40 anni (dal 1977). A farne le spese soprattutto donne e giovani. “Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l’Unità d’Italia il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili. Il Sud è quindi destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27,3% sul totale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%. In dieci anni inoltre, dal 2001 al 2014, sono migrate dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord oltre 1,6 milioni di persone, rientrate 923 mila, con un saldo migratorio netto di 744 mila persone, di cui 526 mila under 34 e 205 mila laureati. Dal 2001 al 2014 quindi la popolazione è cresciuta a livello nazionale di circa 3,8 milioni, di cui 3,4 milioni al Centro-Nord e 389 mila al Sud. Nascite in calo anche al Centro-Nord e, per la prima volta, anche nelle coppie con almeno un genitore straniero, che in precedenza avevano invece contribuito ad alimentare la ripresa della natalità nell’area». Mezzogiorno peggio della Grecia: “dal 2000 al 2013  è cresciuto del 13%, la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%)”. Calano anche i consumi, sia interni che investimenti industriali. I consumi delle famiglie meridionali sono infatti ancora in discesa, arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. Se si guarda dall’inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del paese. Anche peggiore la situazione degli investimenti che nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l’industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell’agricoltura. Non è immune dal crollo nemmeno la spesa pubblica. A livello nazionale dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è infatti diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3 ma al Sud il calo è stato di 9,9 da 25,7 a 15,8. Scendono soprattutto al Sud i trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private: tra il 2001 e il 2013 si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro.

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