LETINO / GALLO MATESE. Il Sannio casertano al 93esimo posto per la qualità dell’ambiente di vita 2020, resta il gap nord-sud e con il Sannio che arretra.

Anche i  comuni piccoli e montani nel casertano si spopolano come Ciorlano, Gallo Matese e Letino, ma anche cittadine come Piedimonte Matese non crescono più. A Letino ma ancora di più a Gallo Matese poi interi rioni o frazioni come Valle Lunga sono ormai abbandonati e in piazza si osservano solo anziani.

di Giuseppe Pace.

L’Italia è un Paese che invecchia e che si spopola nei suoi comuni più piccoli, così ci informa l’Istat con i primi dati definitivi del 2019 del Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Il 93esimo posto in graduatoria nazionale per la qualità della vita di Caserta e provincia non è un buon posto, fa a gara solo con la vicina Napoli al 103esimo posto. Anche i  comuni piccoli e montani nel casertano si spopolano come Ciorlano, Gallo Matese e Letino, ma anche cittadine come Piedimonte Matese non crescono più. A Letino ma ancora di più a Gallo Matese poi interi rioni o frazioni come Valle Lunga sono ormai abbandonati e in piazza si osservano solo anziani.

Fanno eccezione, nel Sannio Alifano, cittadine storiche come Alife più di Caiazzo, che sembra eccellere per la qualità della pizza. Restano abbastanza stabili negli ultimi decenni Castello del Matese, Prata S., Ptratella,  mentre crescono di poco San Potito S. Castello del Matese e pochissimi altri a sinistra e a destra dello storico fiume Volturno. In Italia il numero di anziani per bambino passa da meno di 1 nel 1951 a 5 nel 2019 (era 3,8 nel 2011) e l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato, dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (148,7% nel 2001. A Ciorlano, Gallo Matese e Letino gli indici di vecchiaia raggiungono livelli tra i più elevati dei 104 comuni casertani. Gallo Matese ha visto ridurre la sua popolazione a meno di 500 persone, circa un settimo rispetto ai gallesi di un secolo fa. Anche Isernia è discesa non poco in graduatoria della qualità della vita fino al 78esimo posto. Povero Sannio nostro dal passato meno precario dell’attuale a leggere gli indicatori non pochi e imparziali! Ma allora ci sono più di 20 ambienti in Italia? Perché no anche se non cosi nettamente distinti come appaiono poiché vi sono valori, consuetudini e linguaggi nazionali da oltre un secolo e mezzo: ancora poco tempo per ridurre le tipicità anche negative. I media in questi giorni informano dell’annuale graduatoria della qualità della vita provinciale italiana. La 31esima edizione del Sole 24 Ore ha per obiettivo l’indagine –  analizzando 90 indicatori, per la maggior parte (circa 60) aggiornati al 2020 in base agli ultimi dati disponibili – di raccontare come la pandemia da coronavirus ha impattato in modo differente sui vari ambienti provinciali italiani. La qualità della vita è risultata buona o accettabile in 60 su 107 province italiane. Dai dati si desume inoltre che circa il 42,5% della popolazione italiana, era circa il 44% lo scorso anno, vive in territori contraddistinti da una qualità della vita scarsa o insufficiente. Il gruppo di province caratterizzate da un livello di qualità della vita insufficiente è composto quest’anno esclusivamente da province dell’Italia meridionale e insulare. Il che significa che la qualità della vita di oltre il 60,1% della popolazione residente nel Mezzogiorno è al di sotto di livelli considerati accettabili. Caserta sale di un posto, dal 94 al 93esimo. Per quanto riguarda le prime posizioni, dopo le due province, ci sono due nuovi ingressi: Vicenza (era 14ª) e Padova (11ª). Ma il salto più alto è di Ascoli Piceno: dalla 37ª alla quinta posizione. Per l’ambiente naturale la qualità della vita, del 2020 delle città italiane, è al primo posto è la città di Trento seguita da Milano, Pordenone e Sondrio. Le province che figurano nelle posizioni di testa sono 21, come nella passata edizione, ma vedono l’esclusiva presenza di province dell’Italia settentrionale. Come lo scorso anno, chiude la classifica Catania. Padova è all’ 11esimo posto nella classifica sulla qualità della vita. Davvero un risultato “storico”: undicesimo posto per Padova e la sua provincia nella classifica sulla qualità della vita stilata come ogni anno da ItaliaOggi e Università La Sapienza di Roma in collaborazione con Cattolica Assicurazioni. Un bel balzo in avanti per la città del Santo e tutto il territorio padovano, che nel 2017 e nel 2018 occupavano rispettivamente la 34esima e la 25esima posizione. In testa alla graduatoria c’è Trento, seguita a ruota da Pordenone e Sondrio: da segnalare il quinto posto di Belluno e il settimo di Treviso, mentre Bolzano scende dal secondo al decimo posto. Per gli indicatori ambientali spicca il quinto posto di Padova tanto nella sezione “Affari & Lavoro” quanto in quella “Ambiente” (nonostante l’ultima posizione in coabitazione con Cremona nella classifica della concentrazione media annua di Pm10 bilanciata però dalla “medaglia d’oro” per la densità di piste ciclabili nei capoluoghi con 181,67 km ogni 100 chilometri quadrati). Alla voce “Reati e Sicurezza”, invece, la provincia di Padova occupa solo il 51esimo posto – causa sestultima posizione in quanto a reati connessi al traffico di stupefacenti per 100mila abitanti e 90esima posizione per quanto concerne scippi e borseggi ogni 100mila abitanti – mentre sale in 36esima piazza nella sezione “Sicurezza Sociale”. Dodicesimo posto alla voce “Istruzione e Formazione”, trentesimo in “Popolazione” e 33esimo per il “Sistema Salute”. Preoccupante 76esimo posto nella sezione “Tempo Libero”, a cui fa da contraltare la 26esima posizione alla voce “Tenore di vita” (con la provincia di Padova unica del Veneto nella prima fascia). Per l’ambiente finanziario e lavorativo, invece, Bolzano e Bologna aprono la classifica mantenendo le posizioni di vertice già ottenute in passato, così come Trento, che al terzo posto di nuovo conferma i piazzamenti già ottenuti negli ultimi anni. Ultima in classifica, come nel 2019, è Crotone. Di conseguenza per l’ambiente del reddito e della ricchezza Milano conferma il piazzamento già ottenuto lo scorso anno e apre la classifica sul tenore di vita. A seguire nel gruppo di testa c’è Bologna, che a sua volta conferma il secondo posto del 2019, Aosta e Parma. Chiude la classifica, come lo scorso anno, la provincia di Crotone. Per l’ambiente formativo e dell’istruzione è Trento la provincia/città metropolitana a classificarsi in prima posizione. A seguire altre tre province del Nordest, Bologna, Trieste e Udine. Ultima in classifica è Crotone. Per l’ambiente del tempo libero è Siena che si conferma al primo posto nella classifica del tempo libero e turismo, confermando i piazzamenti conseguiti nelle sei passate edizioni, così come Rimini, Aosta e VerbanoCusio-Ossola, mentre Grosseto si piazza in quinta posizione. Chiude al classifica, come negli anni precedenti, Crotone. Per l’ambiente relativo alla salute confermano il risultato già conseguito, Isernia si classifica al primo posto, seguita da Terni, Cagliari e Catanzaro. Le posizioni di coda vedono 6 città dislocate nel Nordovest, Cuneo, Vercelli e Asti; Como; Imperia e La Spezia. Anche il Nordest figura nel gruppo di coda con 6 province, fra cui Trento; Vicenza e Treviso; Trieste e Gorizia; Reggio Emilia. Per l’ambiente relativo ai reati e alla sicurezza Ascoli Piceno è la provincia più sicura d’Italia, confermando gli ottimi piazzamenti già conseguiti nelle passate edizioni. Seguono Nuoro, Treviso e Oristano, che a loro volta confermano la presenza nelle zone alte della classifica. Rimini chiude la classifica in ultima posizione per il terzo anno consecutivo. Per quanto riguarda le prime posizioni, dopo le due province, ci sono due nuovi ingressi: Vicenza (era 14ª) e Padova (11ª). Ma il salto più alto è di Ascoli Piceno: dalla 37ª alla V posizione. Scala invece 13 posizioni e balza in testa la provincia di Bologna, spinta da “ricchezza e consumi” (1° posto nella graduatoria settoriale), ambiente e servizi (2a), affari e lavoro (4a), cultura e tempo libero (3a). Nella Top 25 altre cinque province dell’Emilia Romagna: Parma (8°, +2 posizioni), Forlì-Cesena (14°, +11), Modena (15°, +4), Reggio Emilia (17°, +5), Ravenna (22°, + 17).  In generale, perdono posizioni nell’anno del Covid le grandi città, soprattutto quelle turistiche come Venezia (33a, in calo di 24 posizioni), Roma (32a, -14), Firenze (27a, -12) e Napoli (92a, -11); e altre zone turistiche. In controtendenza solo la Liguria, tutta in miglioramento, con Genova 19esima e in avanzamento di 26 posizioni. Nella top ten sono anche altre province di medie dimensioni come Verona (4/a, +3 posizioni), Udine (6/a, +10) e Cagliari (9/a, +11). Resta la frattura Nord-Sud. Non cambiano le gerarchie consolidate tra Nord e Sud: a parte l’eccezione di Cagliari al 9° posto, la prima provincia meridionale successiva è Campobasso al 54° posto, seguita da Sassari e Nuoro al 62° e 63° posto, e sono tutti al gli ultimi 22 posti in graduatoria. Le posizioni di fondo, sopra Foggia è stabile Crotone, mentre Agrigento sale due gradini. Quanto a Foggia, si piazza all’ultimo posto. Deludono le grandi aree urbane: per trovare Milano bisogna scendere alla posizione 45 (era 29ª); Roma è al 50° posto (ma in risalita dal 76°), Torino al 64° (dal 49°) Napoli è in coda (103ª, era terzultima). Napoli per molti meridionali è una sorta di stella polare del Mezzogiorno, ma in negativo, purtroppo. Ma loro non ci fanno caso e continuano a tollerare una situazione di degrado ambientale senza rimboccarsi le maniche per tentare di risalire la china e non di continuare a discenderla, ma si sa scendere è meno faticoso che salire anche se l’ambiente napoletano è spesso un’onda anomala di sudditi disordinati difficile da arginare. Quote di occupati sopra la media nazionale (45,6%) si rilevano nelle regioni del Nord e del Centro. Le percentuali più elevate sono quelle del Trentino – Alto Adige (55,6%) e di Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, con valori compresi tra il 51,7% e il 51,0%.Livelli più bassi si registrano principalmente nel Mezzogiorno, soprattutto in Campania (37,3%), Calabria (36,5%) e Sicilia (34,9%).Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana è ancora più evidente nel confronto con i censimenti passati. Il numero di anziani per bambino passa da meno di 1 nel 1951 a 5 nel 2019 (era 3,8 nel 2011) e l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato, dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (148,7% nel 2001). La più giovane struttura per età della popolazione straniera rallenta il processo di invecchiamento della popolazione residente in Italia. L’età media degli stranieri è più bassa di 11,5 anni rispetto a quella degli italiani (34,7 anni contro 46,2 anni nel 2019). Anche il numero di persone che raggiungono l’età da lavoro è superiore rispetto a coloro che stanno per ritirarsi dal lavoro. A beneficiare della più giovane struttura per età degli stranieri sono soprattutto le due ripartizioni del Nord Italia dove si registrano i più bassi valori dell’età media e dell’indice di vecchiaia, nonchè le percentuali più alte di bambini in età 0-4 anni (circa il 7%). Anche tra gli stranieri prevalgono di poco le donne. Il genere non costituisce un elemento di differenziazione tra italiani e stranieri, in quanto in entrambi i casi le donne prevalgono, pressoché della medesima entità (51,7% nella popolazione straniera e 51,2% per quella italiana). I laureati e le persone che hanno conseguito un diploma di I o II livello rappresentano il 13,9% della popolazione di 9 anni e più. Il 35,6% dei residenti ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di qualifica professionale; il 29,5% la licenza di scuola media; il 16,0% la licenza di scuola elementare. La restante quota di popolazione si distribuisce tra analfabeti e alfabeti senza titolo di studio (4,6%). Nell’ambiente casertano l’antica Capua, attuale S.M. Capua Vetere, cresce di popolazione e ciò lascia sperare più degli altri oltre 100 comuni.

 

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