LETINO / POMPEI. Spigolature storico-ambientali del piccolo Letino e della grande Pompei.

Forse i Carbonelli, dell’alto Matese e Sannio Alifano, avevano appreso, dai pastori ed agricoltori letinesi la fedeltà alla parola data.

di Giuseppe Pace

La Storia, sia quella grande che coinvolge più persone e più vasti territori, che quella piccola, spesso di paesetti abbastanza isolati sui monti, non sempre corrisponde a date certe. Per chi passeggia per il centro del paesetto di Letino (CE) non è difficile stimolare la curiosità storica se legge, ad esempio, la data scritta sullo stemma del palazzo baronale di via San Giovanni. Quella data è opera di qualcuno che- spinto dall’amore per il luogo voleva dare importanza e spessore storico al bel palazzetto letinese- ha spostato indietro, di secoli, la piccola storia locale relativa al palazzo con lo stemma baronale dei nobili Carbonelli. Questi nobili seguirono l’ultimo Re di Napoli, Francesco II, nella buona e nella cattiva sorte, e furono presenti a testimoniarne la fine del regno nella Fortezza di Gaeta e Salvatore Carbonelli fu ministro delle finanze del Regno di Napoli, in esilio a Roma, protetto dal Papa. Forse i Carbonelli, dell’alto Matese e Sannio Alifano, avevano appreso, dai pastori ed agricoltori letinesi la fedeltà alla parola data. Il 6.09.1860 il Re lasciò Napoli, a bordo della nave da guerra il “Messaggero”, accompagnato dalla consorte e dal suo seguito composto dal principe Nicola Brancaccio di Ruffano, il conte Francesco de la Tour, il marchese Imperiali, la duchessa di San Cesareo, il duca di San Vito Emanuele Caracciolo, il maresciallo Riccardo de Sangro principe di San Severo, l’ammiraglio Leopoldo del Re, il maresciallo Giuseppe Statella, il maresciallo Francesco Ferrari, oltre a 17 guardie nobili del corpo. Il 26 ottobre avvenne il noto incontro tra G. Garibaldi e V. Emanuele II a Teano. Francesco II, pare che abbia nominato ministro di Culto il barone Carbonelli di Letino che forse fu promosso anche al superiore rango nobiliare di duca. Dunque ebbe il premio di fedeltà alla monarchia borbonica napoletana? Ma ricordiamo la fuga da Napoli del Re e dei fedelissimi. Il nobile, Salvator Carbonelli (Napoli,1820 † 1906), fu il V barone di Letino, uomo di grande cultura, partecipò nel 1845 a Napoli al Congresso degli scienziati italiani; pubblicò diverse opere tra le quali “Un modo per far prosperare l’agricoltura e l’industria” e “La Chiesa, la proprietà, lo Stato nell’intimità del loro rapporto”. Fu fedelissimo di re Ferdinando II di Borbone che lo nominò Ministro delle Finanze nel nuovo governo in esilio a Roma, dopo essere stati insieme durante il tragico assedio l’assedio di Gaeta del 1860. Antonio Carbonelli di Tullio dedicò al fratello Giovanni la cappella gentilizia, ubicata accanto al palazzo di famiglia in Napoli; la cappella fu ampliata dando luogo alla costruzione della chiesa dedicata a S. Antonio da Padova. Interessante è vedere l’indice delle genealogie redatte da Livio Serra di Gerace e conservate nell’Archivio di Stato di Napoli. Pure interessante è a Napoli la lapide della Cappella con i busti di Giuseppe e Gian Giacomo Carbonelli del 1640. I nobili Carbonelli di Letino del XIX sec. furono fedeli al loro re più di altri nobili del Regno di Napoli anche se appaiono, a molti, paternalisti e indietro con l’evoluzione storica come il loro ultimo Re dei Borboni del vasto regno di Napoli, che aveva nobili ricchissimi e popolo ignorante più di molti altri regni europei di allora. Francesco II fu soprannominato “Franceschiello”, da parte dei cronisti dell’epoca per ridicolizzare la figura di un sovrano che aveva perso il proprio Regno (anche “Esercito di Franceschiello” per indicare soldati o di persone incapaci e indisciplinate). Altri dicono che Franceschiello fosse il nomignolo popolare. Era anche soprannominato “Il Re Lasagna” per la notoria golosità del Re per quella pietanza. Abbandonato dalla sua flotta, Francesco II ripiegò dapprima sulla linea del Volturno e poi, dopo aver tentato inutilmente una controffensiva contro le truppe garibaldine, si ritirò con la Regina consorte a Gaeta, dove l’esercito borbonico si difese per tre mesi contro l’assedio dell’esercito piemontese. Giunto a Roma, Francesco II, fu prima ospitato dal Papa Pio IX fino al 1870, e durante questo periodo compì alcuni tentativi di organizzare una resistenza armata nell’ex Regno. A Letino l’iscrizione suddetta ha falsificato la storia come la mistificano alcuni indigeni che vogliono decantare solo le gesta degli anarco-insurrezionalisti del 1877 che lassù, tra le montagne matesine dove prosperò la pianta del brigantaggio postunitario anche se nessun letinese fu ”brigante”, capitarono quasi per caso, dopo essere sfuggiti all’arresto di San Lupo (BN). Nell’Italia postunitaria forse il più tipico fatto di cronaca storica, fu quella attuato nel 1877 nella zona del Matese da un gruppo di aderenti alla Federazione Italiana dell’Internazionale, detto in seguito appunto “banda del Matese”. Vi aderivano molti dei personaggi più rappresentativi dell’anarchismo italiano dell’epoca, tra cui, in particolare, Carlo Cafiero ed Errico Malatesta. Questa fu una cronaca estranea al piccolo mondo”chiuso” di Letino e non fu, a mio parere, parte di una piccola storia letinese come i Carbonelli che sia pure feudatari vivevano lassù sui poveri monti. Di grande storia, invece, c’è da commentare una novità archeologica di Pompei, dove un’iscrizione a carboncino supporta la teoria che la data dell’eruzione vesuviana fosse avvenuta ad ottobre e non ad agosto come una sterminata letteratura ha riportato fino ad ora. È una delle ultime scoperte venute alla luce dagli scavi nella Regio V di Pompei, la scritta è, infatti, datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre corrispondente al 17 ottobre. Trattandosi di carboncino non avrebbe potuto resistere a lungo ed è probabile che si tratti dell’ottobre del 79 d. C., una settimana prima della catastrofe che sarebbe avvenuta il 24 ottobre. «Una scoperta straordinaria». È così che il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, definisce il ritrovamento a Pompei dell’iscrizione che cita la data del 17 ottobre del 79 d. C. a supporto di quelle teorie che sostengono che l’eruzione ossa essere successiva al 24 agosto. Il ministro, che a breve arriverà a Pompei, in una nota sottolinea «ciò che i nuovi scavi rappresentano, ossia l’eccezionale competenza del nostro Paese». Pompei era una città di circa 10 mila abitanti e non aveva fogne coperte come, invece, le avevano gli abitanti, più ricchi e nobili, di Ercolano. Pompei ha una storia grande perché è stata definita la più viva delle città morte, come ha ripetuto il Naturalista Alberto Angela sere fa in”Notte a Pompei” mentre rievocava l’eruzione del 79 d.C. e descritta bene (la prima in assoluto con veste scientifica o minuziosa in Vulcanologia) dal nipote di Plinio il Vecchio, Naturalista e Autore della Storia Naturale nonchè comandante della flotta di Roma a Capo Miseno. Pompei è una città arcinota per la sua città antica sepolta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio, alto 1250 metri, prima dell’eruzione era molto più alto anche se i Romani non erano interessati a misurare le altezze dei monti ritenuti poco utili da abitare. Le rovine e i reperti numerosi della civiltà romana includono la Villa dei Misteri con affreschi e l’anfiteatro romano, che anni fa trovai, mentre ero in visita con alcuni canadesi e successivamente con studenti e professori romeni, pieno di rovi e con moltissimi giardinieri inoperosi. In città, invece, il Santuario della Beata Vergine del Rosario ha mosaici prestigiosi e una grande cupola. Il Museo Vesuviano G. B. Alfano espone rocce vulcaniche e stampe di storiche eruzioni come anche il museo della Reggia dei Borboni di Portici. Al piemontese naturalista, Alberto Angela è stata conferita, giustamente, la Cittadinanza Onoraria di Pompei. La cerimonia si è svolta nella piazza del santuario. Presenti il sindaco Pietro Amitrano, i consiglieri e tanti alunni delle scuole cittadine, oltre all’arcivescovo Tommaso Caputo e al direttore generale del Grande progetto Pompei Mauro Cipolletta. La cittadinanza è stata conferita con delibera consiliare dell’8 ottobre. Questa la motivazione: “La sua attività di giornalista e scrittore, nonché di scienziato di chiara fama, l’ha portato a sviluppare una conoscenza e una competenza verso il monumento archeologico di Pompei, diventando così eccellente divulgatore del sito più apprezzato in Italia e nel mondo”. “Pompei è uno specchio con il quale ritrovi te stesso, io ho visto me stesso nei pompeiani del passato”: è emozionato e felice Alberto Angela nel suo discorso in piazza Bartolo Longo, tra la basilica della Madonna del Rosario e il municipio, subito dopo essere stato nominato cittadino onorario di Pompei. “E’ bello tornare a casa – dice Angela – qui confesso ho mangiato anni fa il migliore spaghetto della mia vita. E ho avuto sin da subito come Virgilio il professore Antonio De Simone perché come viaggiatore quale io sono ho bisogno di una guida: a lui dico grazie”. E aggiunge: “Vorrei continuare a raccontare, ho appena finito un libro che esce a Natale: sarà un viaggio nel passato. Qui sul golfo di Napoli venivano tanti da Roma perché fu fondato un impero da Augusto: ho scritto un libro su Cleopatra e su Cesare, Bruto, Ottaviano, Crasso, per raccontare questa grande storia che segnò tutta l’antichità. Se non ci fosse stata Cleopatra non ci sarebbe stato l’impero di Augusto così come lo conosciamo”. Il conduttore televisivo, mentre rintoccano le campane del santuario mariano che per un attimo lo zittiscono, torna sull’attualità: “Oggi è incredibile, è il 17 ottobre. Ci pensate, la stessa data dell’iscrizione trovata ieri negli scavi. Cioè siamo qui esattamente 1.939 anni dopo che qualcuno tracciasse quella scritta col carboncino”. La cerimonia si è svolta nella piazza del santuario. Presenti il sindaco Pietro Amitrano, i consiglieri e tanti alunni delle scuole cittadine, oltre all’arcivescovo Tommaso Caputo e al direttore generale del Grande progetto Pompei Mauro Cipolletta. La cittadinanza è stata conferita con delibera consiliare dell’8 ottobre. Questa la motivazione: “La sua attività di giornalista e scrittore, nonché di scienziato di chiara fama, l’ha portato a sviluppare una conoscenza e una competenza verso il monumento archeologico di Pompei, diventando così eccellente divulgatore del sito più apprezzato in Italia e nel mondo”. Letino appartiene dalla nascita del Cristianesimo, alla Diocesi d’Alife, mentre Gallo Matese a quella d’Isernia. Anche Letino dovrebbe conferire una Cittadinanza Onoraria al Ministro di Culto Cattolico, dal 1936 al 1944, Antonio Gallinaro. Egli era nativo del territorio salernitano (Montecorvino Rovella) e fu l’Autore di una colta poesia dedicata a Letino, mentre faceva anche bene il Prete poiché, meglio di altri, Pastori tra i pastori letinesi, molto “puzzava di pecore, ”come dice l’attuale Vescovo di Roma, Francesco. La poesia è riportata nel mio saggio “Letino tra storia, mito e ricordi”, Energie Culturali Contemporanee, Padova 2009, presentato al Museo del Territorio di Letino il 14 agosto 2009 con molti turisti anche alifani. “Bellissimo è Letin paese, il più alto del Matese, fabbricato è sulla roccia, dove la nebbia non approccia. Chi lo vide di prospetto, dice: “ma chi fu l’architetto?”. Con impegno e gran sudore, l’architetto fu un pastore…..Una donna di nome Letizia, adesso sto a darvi la notizia. Qui un giorno si fermò e Letino il paese chiamò.” Una conclusione però mi è d’obbligo azzardare. Mentre l’attuale Pompei è abitata da quasi 30mila persone, Letino, comune più alto dei monti del Matese e area più sensibile del suo parco naturale nazionale, ha solo 700 residenti, ma ai tempi di Carbonelli, quasi 2 secoli fa, ne aveva circa il doppio. Poi l’emigrazione senza ritorno ha dimezzato i letinesi con i cognomi più noti: Cristinzo, Fortini, Orsi, Pace, Pitocco, Vaccaro, Savoia, Tomasone. Il Sociologo e già Prof., Ulderico Bernardi, dell’Università di Padova, sostiene che non esiste l’Italia ma tante quanti sono i suoi Comuni. Egli forse ignora che al Settentrione d’Italia la storia comunale è più spessa e ricca di quella dei comuni meridionali, meno efficienti e con spesso bilanci comunali in profondo rosso come Bojano ed Alife, poiché c’erano gli Stati che non delegavano molto agli Enti Locali, che sono cresciuti meno civilmente.

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  1. Novembre 25, 09:55 Gabriela Bernales

    Sono discendentu dei Carbonelli e sino orgogliosa della sua storia..! Sono una Artista Visiva e mi identico con molti dei pensieri Democratici che hanno professatto miei antenati…! Amo la pace la giustizia e giustizia e mi considero una,donna empatica rispettosa del passato attenta, al presente e futurista senza rancore. Semplicemente visionaria.

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