PIEDIMONTE MATESE. Sfiducia nelle istituzioni a Nord-Est al 10%, al Sud 40% e nel Sannio Alifano?

“C’è una sfiducia nelle istituzioni meridionali che è paurosa. Basti fare un confronto tra aree geografiche diverse: il massimo della sfiducia passa dal 10% al NordEst al 40% al Sud».

di Giuseppe Pace (già prof. in Italia e Romania).

Già altre volte ho scritto di sfiducia crescente del cittadino meridionale verso le Istituzioni e verso chi amministra la res pubblica. Scrive, su facebbok, il molisano, Arch. F. Valente: ”La prima mazzata all’efficienza dell’Italia fu data dalle leggi fatte dopo mani pulite e il passaggio dei poteri ai Boiardi dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. La seconda mazzata è stata la legge sui Pubblici Appalti e sui Lavori Pubblici. La botta finale è stata la creazione dell’Autorità Anticorruzione. Da quando c’è l’anticorruzione la corruzione ha raggiunto in Italia livelli stratosferici. ” … et corruptissima re publica plurimae leges” (Publio Cornelio Tacito, ANNALES)”. Non c’è dubbio alcuno sul più che positivo ruolo dell’informazione per prevenire e combattere le corruzioni e le mafie. Sapere è potere d’intervenire prima dell’irreparabile. I sondaggi sulle fonti di informazione precisano che: «Dai risultati emerge che il giornalismo d’inchiesta (20,5%) è il mezzo più adeguato per conoscere i fenomeni mafiosi, seguito dalla televisione (18,3%), dal cinema (16,3%) e dalle lezioni nelle aule scolastiche e universitarie (14,9%). Solo il 6,4% usa Internet per conoscere meglio il fenomeno mafioso, percentuale che scende al 4,3% riferendosi ai social network». Almeno sulle cose più serie è meglio stare alla larga…«La corruzione dilaga». «Esagerato!», dirà qualcuno. Ma a lanciare l’allarme non è un santone millenarista pazzo per l’apocalisse. È il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. Che rincara e prende di petto la politica: «È distratta, sulla mafia». L’indice di corruzione percepita in Italia è 26. In Bulgaria il medesimo indice è 28, in Romania e Ungheria 24, in Grecia 27, Francia 12, Gran Bretagna e Germania 5, Olanda 4, Svezia 3, Finlandia 2 e Danimarca 1. A dirlo è The Global Competitiveness Report 2017-2018 Featuring the Global Competitiveness Index, the Report assesses the competitiveness landscape of 137 economies, providing unique insight into the drivers of their productivity and prosperity. Discover the 2017-2018 edition’s rankings, key findings, your economy’s scorecard, and much mor. Sorprende vedere che l’Italia ha 2 punti più alti della Romania per l’indice di corruzione percepita. Là, in quell’ambiente sociale ed economico, 2004-08, la lotta alla corruzione sembrava più diffusa dai mass media romeni con campagne anticorruzione, che ogni nuova elezione presidenziale e parlamentare, incentivava bene. Alcune male lingue romene riferivano di concorsi truccati per accedere alle presidenze, alle abilitazioni docenti e, addirittura, che per avere una supplenza bisognava pagare una tangente pari almeno la metà della paga corrisposta complessivamente. Eppure, dall’apparenza, sembrava un ambiente sociale dell’Italia degli anni Cinquanta: più serio, più onesto, più controllato. Luogo comune diffuso in Italia è che i romeni sono più “ladrini” dei “ladrini”(latini entrambi di lingua e la Romania è, caso unico, un’isola linguistica latina in un mare slavo) italiani anche se le statistiche e gli indici lo escluderebbero di fatto. In Romania comunque la polizia era più presente per le strade cittadine e fuori che non da noi, ma nel sistema interno del pubblico impiego, là come qua, forse vale il monito espresso dal libro del prof. universitario italiano ed ex ministro dell’economia Giulio Tremonti ”Lo Stato criminogeno”. Tremonti, in sintesi, affermava che lo Stato, quando cresce troppo, funziona più per i benefici dei propri dipendenti e non più per erogare servizi utili ai cittadini che amministra e governa. La corruzione in Italia è un problema sistematico, difficile da mettere in relazione con altre mancanze strutturali in base a rapporti di causa e effetto. Analizzando tuttavia alcuni indicatori significativi, abbiamo osservato come questi risultino correlati alla diffusione di tangenti e malaffare. Gli esperti dicono che combattere la corruzione conviene a tutti. Perché? I dati parlano chiaro: a più alto livello di corruzione corrispondono meno competitività, meno investimenti, meno produttività, meno progresso tecnico, meno innovazione, meno impresa e perciò più disoccupazione. Infatti un Paese corrotto non è affidabile per gli investitori, specialmente stranieri, e di conseguenza perde opportunità di business e sviluppo. A farne le spese sono soprattutto i giovani disoccupati, mentre l’inefficienza, i servizi scadenti, il peso della crisi economica, l’assenza di opportunità sono problemi comuni a tutta la società civile. L’Italia potrà riacquistare la credibilità necessaria per attrarre capitali, italiani e stranieri, aumentare la produttività e creare nuove opportunità di lavoro soprattutto per le nuove generazioni. Ecco la dimostrazione del perché la corruzione affligge la vita quotidiana di tutti noi, nessuno escluso. Il processo per corruzione nel Sannio Alifano, denominato “The Queen” è emblematico di come si naviga nell’illegalità anche in territori ritenuti a basso indice di corruzione percepita. Ancora più raccapricciante è il caso di corruzione e millantato credito, riportato da questo media il 18.c.m. ”CAIAZZO / CAPUA / MADDALONI. Soldi in cambio di un posto in polizia: indagato funzionario del Comune e sua figlia. che secondo l’accusa avrebbe millantato la sua influenza nei confronti delle commissioni giudicanti i candidati per le forze armate prospettando loro un positivo esito dei concorsi pubblici. Ma, e qui il reato, in cambio chiedeva ai candidati somme di denaro o altre utilità. la sua è stata una condotta “non causale, era noto come soggetto in grado di influire sui concorsi pubblici” tramite delle conoscenze che millantava. In alcuni casi, si sarebbe presentato come segretario della federazione CONFSAL UNSA.“Agiva come intermediario tra corruttori e corrotti condividendone il comune interesse economico. Soddisfatto per la ricezione di 8000 euro, per ottenere i risultati delle prove preselettive e otteneva la promessa della corresponsione di 50 mila euro in varie tranches a superamento della prova finale“. Anche Alessandro Pontillo, secondo l’accusa, “agiva in qualità di concorrente orale nell’ausilio prestato a Zarrillo. Salvatore Grauso agiva nella qualità di corruttore beneficiario dell’indebita alterazione della prova concorsuale. Concorrente morale e beneficiario anche Andrea Nuzzo. Ivano Mone avrebbe millantato credito presso ufficiali per la selezione di un altro concorso per agenti presso la Polizia di Stato. Antimo Rauso avrebbe ricevuto la somma di 3000 mila euro millantando conoscenze per favorire reclutamento a favore di Francesco Ricciardi.”Nella vicenda risultano indagate altre sei persone, attualmente a piede libero. Si tratta di Ivan Mone 42enne di Caiazzo, dipendente del ministero della Difesa, Andrea Nuzzo 64 anni funzionario del Comune di Maddaloni, Salvio Salvatore Grauso 28 anni di Maddaloni ex militare in ferma volontaria, Alessandro Pontillo 33enne di Marcianise, Eleonora Nuzzo 33enne di San Felice, Antimo Di Rauso 40 anni dipendente dell’agenzia delle entrate di Capua”. Emblematico, sempre nel Sannio Alifano, sono anche i negati chiarimenti e precisazioni da parte di dirigenti scolastici, resisi poi anche ammalati, di un circolo didattico di Piedimonte Matese. I genitori degli alunni iscritti che avevano pagato le assicurazioni per i medesimi volevano semplici chiarimenti se le somme erano andate a buon fine. Nei delitti contro la Pubblica Amministrazione, la corruzione (artt. 318 ss codice penale) è un reato plurisoggetto a concorso necessario. Detto in parole semplici, la corruzione si verifica quando un privato e un pubblico funzionario si accordano perché il primo corrisponda al secondo un compenso (non dovuto!) per un atto in vario modo attinente alle attribuzioni di quest’ultimo. L’attitudine fortemente lesiva della corruzione nei confronti degli interessi del Pubblico, e della collettività in genere, ha determinato il Legislatore a decidere di colpire entrambi i soggetti coinvolti nella condotta criminosa. Ecco, perciò, che nel nostro ordinamento corrotto e corruttore vanno incontro alla medesima pena. La erronea convinzione, da parte del corruttore o del corrotto, che il compenso dato o promesso fosse dovuto per legge opera come elemento scusante. La pena attualmente prevista per il reato di corruzione è – a seconda delle diverse fattispecie – la reclusione da 1 a 20 anni; ma il Ddl del Governo ora all’esame del Parlamento sta aumentando il massimo edittale per alcune delle ipotesi. Non vi è bisogno di querela di parte per il perseguimento di corrotti e corruttori, poiché è possibile procedere anche d’ufficio. Il Ddl di riforma intende intervenire anche sui termini di prescrizione – estendendoli da 10 a 15 anni per tutti coloro i quali esercitano una pubblica funzione. Il procuratore nazionale antimafia ha parlato durante la presentazione del Rapporto Liberaidee e non ha risparmiato critiche all’attuale governo: “Il peggiore aspetto che si coglie in questo momento nel Paese è che non vi è attenzione per questi fenomeni emergenziali”. Il guardasigilli Bonafede:”Non mi ha mai palesato questo pensiero e il nostro rapporto è sempre stato molto costruttivo”. Scrive, invece il più noto tra i giornalisti e scrittore italiano, G. Stella:“Italiani, un popolo di sfiduciati «Mafia e corruzione? Normali». Un questionario di Libera, distribuito a 10mila persone, da Nord a Sud, svela la scarsa percezione del fenomeno. Il Procuratore nazionale De Raho: anche la politica è distratta «La corruzione dilaga». «Esagerato!», dirà qualcuno. Ma a lanciare l’allarme non è un santone millenarista pazzo per l’apocalisse. È il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. Che rincara e prende di petto la politica: «È distratta, sulla mafia». Parole pesanti come incudini. Fastidiosissime per i «distratti». E pesate una a una alla presentazione ieri mattina del rapporto «La ricerca sulla percezione e la presenza di mafie e corruzione» voluto da Luigi Ciotti, edito dal Gruppo Abele e curato da Francesca Rispoli con la prefazione di Nando dalla Chiesa. Un dossier costruito attraverso 10.343 questionari raccolti in particolare nel Sud e 100 interviste mirate nel mondo del lavoro: da Confindustria a Confapi, da Coldiretti a Confcommercio da Confagricoltura a Confartigianato… Ovviamente i giovani si sfiduciano sempre più e non credono nella meritocrazia che toccano, con mano, a Londra ad esempio. Un campione di varia umanità culturale, professionale, geografica e imprenditoriale dove la politica emerge come «altra rispetto al proprio vissuto quotidiano». Per capirci: «Soltanto l’11,8% dei rispondenti si ritiene politicamente impegnato, mentre il 53% dice di tenersi informato ma senza partecipare. Il restante 34% si divide tra coloro che dichiarano che la politica va lasciata a chi ne ha le competenze, che la politica non gli interessa o che genera disgusto». Un dato che tra i giovani schizza al 53%. Il tour di don Ciotti con l’ obiettivo della ricerca, che per mesi sarà portata in duecento tappe in giro per l’Italia fino a un approdo finale a Padova, è: «Uno stimolo a tenere gli occhi aperti e le coscienze sveglie», risponde don Luigi Ciotti, «per mettere a fuoco temi centrali: la sottovalutazione della pericolosità mafiosa, l’equazione ormai fuorviante tra mafia e fatti di sangue, la sopravvivenza, entro certi contesti e limiti, del pregiudizio delle mafie come fenomeno tipico del Sud». Il grande rischio, spiega il prete fondatore di “Libera”, è quello di «normalizzare la questione mafiosa, di considerare le mafie come un male in parte superato e in parte ineluttabile, come è stato fatto in altre stagioni con la droga, con l’aids e con altri problemi sociali…» Peggio: non capire «l’importanza di politiche che contrastino le disuguaglianze, le povertà, la dispersione scolastica e l’analfabetismo funzionale». I segnali dei risultati del dossier sono inquietanti? «Spaventosi», dice il presidente dell’Anac Raffaele Cantone. A colpirlo di più, racconta seduto tra don Ciotti e Gian Carlo Caselli, è il fatto che «solo il 20% dei cittadini creda che sia importante votare cittadini onesti come candidati politici» per combattere la corruzione: «Un segnale di sfiducia inquietante. C’è un rapporto diretto tra sfiducia e corruzione. Tanto più c’è sfiducia, tanto più le persone provano a trovare vie traverse». Soprattutto nel Mezzogiorno: «C’è una sfiducia nelle istituzioni meridionali che è paurosa. Basti fare un confronto tra aree geografiche diverse: il massimo della sfiducia passa dal 10% al NordEst al 40% al Sud». Il fenomeno sembra essere, sempre, globale. Sconcertanti, in particolare, alcune tabelle. Certo, il 74,9% degli italiani sentiti dalla ricerca, nonostante il 7,8% pensi che «la mafia è oggi solo letteratura» e che occorra «parlare di tante forme di criminalità» lo sa: la presenza delle mafie ormai è globale. Il 38% ne è perfettamente consapevole: «La mafia dove abito io è un fenomeno preoccupante e la sua presenza è socialmente pericolosa». Il 22,6, però, dice che dove abita lui «è un fenomeno preoccupante ma non socialmente pericoloso». Un altro 29,1 sostiene che nel suo territorio sia «un fenomeno marginale». Insomma, riassume il dossier, «c’è ancora difficoltà ad assumere le mafie come questione nazionale. Questa resistenza risulta preoccupante perché proviene dalle regioni che determinano l’andamento dell’economia nazionale. Ciò dovrebbe indurre a riflettere su un aspetto più generale che ha favorito il radicamento della criminalità mafiosa nel Nord: dal punto di vista economico le mafie non esistono, o meglio per inesperienza o ancora peggio per convenienza sono accettate come operatori del mercato soprattutto in contesti in cui possono movimentare flussi finanziari e garantire controllo della manodopera a prezzi competitivi. L’assenza di violenza omicida ha consentito alle mafie, perciò, di nascondersi dietro la circolazione del denaro». Niente sangue, niente allarme: i boss si sono fatti accorti… Mafia? Corruzione? Dove? L’opinione di Federico Cafiero De Raho, dicevamo, è radicalmente diversa: «Siamo in un Paese in cui la corruzione dilaga e le mafie esercitano un controllo pesante sull’economia e la politica. Ma non c’è grande attenzione da parte della politica, non sento parlare della necessità di contrastare i due fenomeni». Anzi, pare quasi che non siano poi temi così importanti. Al punto che «sembra che siano settori di competenza solo dell’Anac, della Dna, delle Dda e di alcune associazioni come appunto Libera. Non sento parlare della necessità di contrastare mafie e corruzione. La politica postpone questi problemi a tanti altri…» E ciò nonostante «anche Bankitalia abbia detto che la zavorra economica del nostro Paese è la mafia». Quanto alla mazzetta, si legge nel dossier Libera Idee, gli italiani che la percepiscono come «molto o abbastanza diffusa» nella loro regione sono oltre il 70% «ma a colpire è soprattutto la diversificazione territoriale: quasi il 90% degli intervistati del Sud ha una visione pessimistica». Una percentuale disperante. Che conferma, spiega Alberto Vannucci, autore dell’«Atlante della corruzione», un sondaggio del 2017 di Eurobarometro. Ancora più nero il quadro delle reazioni alla corruzione: «Chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze». Nell’80% dei casi «o ritiene corrotti anche gli interlocutori cui dovrebbe presentare la denuncia (36%), o pensa che non succederebbe nulla (32%) o ritiene la corruzione un fatto normale (23%)». Tutti numeri che Cantone, come dicevamo, giudica amaro «spaventosi»: «Molti pensano che le regole siano un impedimento, una scocciatura e che bisogna lavorare senza lacci e laccioli… Parti da lì e poi…». Non bastano le condanne penali, se riconosciute le responsabilità vanno licenziati tutti e chi voleva vincere le selezioni imbrogliando deve restare fuori dagli impieghi pubblici. “Al di là delle condanne penali, mi auguro che i militari coinvolti nello scandalo dei concorsi truccati vengano anche licenziati quando saranno accertate le loro responsabilità e anche a coloro che avevano pagato per superare le prove venga impedito di entrare a far parte dell’esercito e di altre forze dell’ordine”. A chiederlo il consigliere regionale dei Verdi, F. E. Borrelli, per il quale “non è accettabile che ci si ritrovi persone che accettano e si fanno promotori di imbrogli di questo tipo nell’esercito o comunque nei ranghi delle forze dell’ordine o della pubblica amministrazione”. “Bisogna rendere impossibile l’accesso a un lavoro pubblico per persone che si macchiano di reati di questo tipo” ha aggiunto Borrelli per il quale “è necessario che chi entra nella pubblica amministrazione e nell’esercito e nelle forze dell’ordine in particolare sia del tutto immune a pratiche illecite e illegali. La corruzione, a tutti i livelli, compreso purtroppo l’esercito, è il primo e più grave problema del nostro Paese che nessuno riesce o vuole affrontare”. Truffa alle assicurazioni, a rischio frode 670 mila sinistri. L’aumento delle frodi concentrate nell’Italia Meridionale e Insulare. Solo 4,5 mila quelli denunciati dalla compagnie. Nel Sud 2.281 sinistri oggetto di denuncia/querela, di cui in Campania 1.516 Comminate 105 procedure sanzionatorie Ivass, di cui 44 nei confronti di imprese che non alimentano correttamente la Banca Dati Sinistri Esperto, Coviello (UniSOB): “Un mio libro presentato in Parlamento nel 2000 spiegava cause, modalità e possibili rimedi. Da allora poco è stato fatto per combattere questa piaga”. Sulla maxi inchiesta alle truffe assicurative, che ha visto il coinvolgimento di 49 indagati, tra cui anche 18 avvocati, con circa 2800 falsi sinistri stradali scoperti, interviene Antonio Coviello, professore di Marketing Assicurativo nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e ricercatore del CNR, uno dei massimi esperti in materia che da circa un ventennio studia il fenomeno. “Negli ultimi anni molte attività sono state concretizzate per contrastare il fenomeno, ma bisogna rafforzare gli sforzi ed il consenso sociale sulla prevenzione delle frodi, quale presupposto per la riduzione duratura dei premi RCA”. E’ successo a Roma. Per gli inquirenti si trattava di “un’attività seriale”. In pochi giorni, dal primo dicembre del 2015 al 17 febbraio del 2016, il funzionario ha alterato dati fiscali per oltre 2.278 pratiche per un danno erariale che supera il mezzo milione di euro. Un vero e proprio disastro ambientale è quello che sta vivendo la Campania in questo periodo storico. I manifestanti, soprattutto i giovani delle scuole, hanno scandito a voce alta: “Basta a questo scempio ambientale ai danni delle nuove generazioni!”, dei bambini,s opratutto, presenti in massa al corteo. “Quello che fa più rabbia – hanno riferito alcuni partecipanti – è l’indifferenza dello Stato.Perchè non viene divulgata pubblicamente la mappa dei territori avvelenati?”. In effetti prima e dopo il pentito Schiavone altri hanno indicato i siti inquinati. Associazioni come Legambiente, periodicamente denunciano sversamenti nei territori avvelenati, ma non c’è una mappa di questi territori! E’ off-limits, secretata? Chi controlla quello che arriva sulle nostre tavole? Ultimamente l’ambiente universitario italiano mostra il fondato pettegolezzo-riferito dal Rettore a Pisa- delle sole amanti che potrebbero vincere la cattedra, mentre l’Università campana di Santa Maria Capua Vetere conquista la maglia nera come ultima nazionale della classifica di qualità e intanto emerge l’ipotesi della cattedra vinta dall’attuale capo del governo giallo-verde proprio nell’antica Capua. Intanto da Salerno, il milanese Matteo Salvini, precisa: «il problema di Salerno è la camorra». Il ministro dell’Interno ha smentito un allarme che riguarda la criminalità straniera a Salerno. «È un mercato già coperto dalla criminalità italiana». C’è poco da stare allegri e molto da rimboccarsi le maniche per lavorare sulla prevenzione della corruzione che cresce, purtroppo!

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